Maigret tra un ministro e un deputato

Maigret, ministri, ministeri e deputati.

Georges Simenon fra apolitica e impolitica

Georges Simenon fra apolitica e impolitica.

 

Il romanzo politico di Maigret.

Ecco il commissario Maigret alle prese con un complesso caso di malapolitica. Non si era mai visto in precedenza e non lo si vedrà mai più in seguito.

È questo il soggetto di un romanzo, Maigret chez le ministre, che Georges Simenon realizza nell’agosto del 1954, mentre ancora si trova negli Stati Uniti.

Si tratta del penultimo dei romanzi americani di Maigret ed è unico nel suo genere.

Simenon propone per il suo commissario situazioni assolutamente inusuali, facendolo muovere in ambienti che non gli sono consoni e nei quali fatica ad orientarsi con la necessaria decisione.

In precedenza, e a dire il vero anche nei romanzi successivi, i riferimenti ad ambienti politici governativi ed alla loro influenza sull’operato della polizia giudiziaria non sono mancati del tutto, ma si limitavano a presentare poco più che dei luoghi comuni.

Sappiamo che Maigret è stato, per un certo periodo, allontanato da Parigi perché ha pestato qualche piede di troppo e Simenon accenna, più volte, alle pressioni che, immancabilmente, il ministro di turno cerca di esercitare sulla polizia perché un caso si risolva senza scandalo.

Altrettanto en passant sono evocati incarichi, non ufficiali, richiesti dal tal ministro o deputato per togliere dai guai un figlio o una figlia che ha preso una brutta strada. In certi casi è un personaggio influente e che vanta amicizie “molto in alto”, a pretendere favori dalla polizia o a minacciare ritorsioni se coinvolto in una inchiesta imbarazzante.

Il giudice Coméliau, spesso avversario di Maigret in molti romanzi, non ama i metodi investigativi del commissario. Li giudica troppo disinvolti e, in particolare quando si indagano uomini facoltosi che godono di protezioni politiche, è sempre preoccupato di un possibile scandalo nel quale restare rovinosamente coinvolto.

Più in là di questo non si va.

Sono i colleghi della rue des Saussaies, quelli dalla famosa Sûreté nationale, che dipendono dal Ministero dell’Interno e non da quello della Giustizia come Maigret, a sporcarsi di più le mani nei torbidi meandri della politica.

Politica e corruzione oggi come ieri.

In questo romanzo del 1954, che per il lettore italiano ha il titolo di Maigret e il ministro, le cose cambiano decisamente. Per la prima volta vediamo un Maigret pesantemente coinvolto in un’indagine delicatissima: incaricato di togliere d’imbarazzo un personaggio politico di primo piano, caduto in un’astuta trappola ordita allo scopo di rovinargli la reputazione.

Fare di lui un capro espiatorio e salvare così la carriera ed il potere di molti suoi colleghi compromessi in una brutta vicenda.

Una trama breve ed intricata degna del miglior thriller e, cosa infondo alquanto spiacevole, straordinariamente attuale.

Attuale perché i personaggi che animano la vicenda narrata da Simenon, quasi settant’anni fa, sono gli stessi che vediamo agire anche oggi in quell’area perennemente grigia che è il mondo degli appalti pubblici.

Un mondo in cui, ora come allora, si muove una fauna di faccendieri, imprenditori disonesti, uomini politici ambiziosi e ricattatori senza scrupoli.

Un romanzo inusuale e misteriosamente profetico.

Una vicenda inusuale, quindi, quella che vede protagonista Maigret in questo romanzo.

Una vicenda che, a noi italiani, non può non ricordare quella tragica, per nulla romanzesca, del disastro della diga del Vajont nel 1963.

Anche per i lettori francesi la trama di questo romanzo evoca una drammatica sciagura in cui persero la vita ben 71 vittime: la catastrofe del Plateau d’Assy.

A questo proposito ecco, anche per noi lettori, un mistero di non facile soluzione legato alla trama di questo romanzo di Simenon.

Il romanzo dello scrittore belga prende le mosse dal crollo di un’opera pubblica faraonica: un sanatorio per bambini affetti dalla tubercolosi nell’alta Savoia. Un edificio modernissimo, costruito a dispetto del parere contrario di esperti geologi, il cui crollo ha provocato la morte di centoventotto bambini.

Lo scrittore sembrerebbe essersi ispirato ad un fatto reale, avvenuto quasi esattamente nello stesso luogo e per cause molto simili a quelle raccontate nel romanzo. Una frana colossale devasta il sanatorio Roc des Fiz, realizzato nel 1930, nell’alta Savoia: muoiono 71 persone, delle quali 56 sono bambini.

Nulla di strano che uno scrittore trovi ispirazione in drammatici fatti di cronaca.

Quello che è strano è che Simenon scrive il suo romanzo nel 1954, mentre i fatti del Plateau d’Assy sono del 16 aprile 1970!

Difficile a spiegarsi!

Pura coincidenza? Capacità divinatorie dello scrittore?

Quando Simenon realizza il suo romanzo, il sanatorio di Roc des Fiz è in funzione da circa vent’anni e senza che siano segnalati particolari problemi.

Non si tratta di un’opera realizzata nel secondo dopoguerra come nella finzione romanzesca, ma di un edificio, modernissimo per l’epoca, costruito da una società filantropica francese, l’Association philanthropique des Villages-Sanatoriums de Haute Altitude, ed inaugurato, in gran pompa, dalle massime autorità nel 1932.

La stessa società gestisce un’altra dozzina di strutture simili nella zona del Plateau d’Assy, tutte realizzate negli anni ’20 e ’30 del ‘900.

Dopo la tragedia del 1970 viene, naturalmente, avviata un’inchiesta, ma non emergeranno particolari responsabilità legate alla progettazione dell’edificio.

Dopo una decina d’anni di processi, il comune di Passy, sul cui territorio sorgeva l’edificio, e la società proprietaria, verranno si condannati a risarcire le vittime, ma solo per aver sottovalutato una valanga, di minore intensità, verificatasi il giorno prima della tragedia.

Come ha potuto Simenon immaginare l’accadere di un fatto tanto simile, esattamente nello stesso luogo, e proprio su quell’edificio?

Perché non vi erano altri sanatori destinati all’infanzia in quella regione.

Maigret salvami tu!

Nella finzione di Simenon lo scandalo è tutto parigino ed è il Governo francese a tremare per le possibili conseguenze di un’inchiesta.

Un ministro, del tutto estraneo alla vicenda, entra inaspettatamente in possesso di un documento delicatissimo. Si tratta di una relazione tecnica, eseguita all’epoca dell’appalto dei lavori, nella quale si giudica assolutamente inopportuna la scelta del luogo dove realizzare il sanatorio.

Sono rivelazioni che proverebbero pesanti responsabilità nel disastro, che a questo punto si rivela annunciato, da parte degli imprenditori e dei politici responsabili di quella scelta scellerata.

Proprio quando il ministro si accinge a rendere pubblica la relazione tecnica entrata in suo possesso, questa gli viene rubata.

È subito evidente che l’opinione pubblica, opportunamente aizzata da stampa e opposizione, non crederà mai a quel furto messo a segno, così opportunamente, poco prima che il documento sia reso di pubblico dominio.

Tutti penseranno che il ministro abbia distrutto il documento per coprire i responsabili della tragedia e fare così un favore enorme ai colleghi e ai costruttori coinvolti.

Per i veri responsabili è la salvezza, per la stampa è l’occasione di denunciare l’ennesimo caso di corruzione, per alcuni deputati che hanno costruito le loro carriere sulla denuncia degli intrallazzi governativi (uno in particolare) è un’occasione d’oro per rafforzare la loro posizione.

Per il ministro rimasto coinvolto e con il cerino in mano è la fine politica ed anche quella sociale: perché è il suo onore che va in frantumi.

L’onest’uomo con le spalle al muro tenta il tutto per tutto e si rivolge in privato al commissario Maigret.

Verosimilmente il documento è ormai distrutto, ma vi è ancora una via di salvezza: dimostrare, almeno, che il furto è realmente avvenuto e che il ministro vi è del tutto estraneo.

Un’inchiesta non facile e persino pericolosa, quella cui è chiamato Maigret, da condurre in un ambiente ostile del quale, il commissario della polizia giudiziaria, scopre assai presto di non conoscere per nulla le sottili ed ambigue macchinazioni.

Lo scrittore belga e la politica.

Attraverso le pagine di questo romanzo Simenon offre ai lettori un quadro sintetico del sottobosco politico del suo tempo, valido anche ai giorni nostri purtroppo e, probabilmente, anche per il futuro.

Simenon è uno scrittore che racconta una storia: il suo non è un saggio sulla politica o sul parlamentarismo.

Non è il Thomas Mann delle Considerazioni di un impolitico, tanto per intenderci, ma certo approfitta della narrazione per esprimere un suo punto di vista ed è un punto di vista evidentemente amaro e disincantato.

Non fa distinzioni fra destra e sinistra e non credo neppure fra un sistema politico o un altro. La sua non è una condanna del parlamentarismo o l’apologia di altre forme politiche. Piuttosto, e non potrebbe essere diverso trattandosi di Simenon, è l’ennesima disamina dell’Uomo nudo visto agire all’interno dei meccanismi di potere della politica.

Quello che ne risulta è totale disincanto.

Un disincanto che non risparmia neppure Maigret che pure è un uomo di grande esperienza delle umane vicende. Anche lui si ritrova al cospetto di una realtà che non arrivava ad immaginare fino a quel momento.

Il commissario si rende conto che, per una sorta di eterogenesi dei fini, i diversi soggetti coinvolti (uomini, ma anche istituzioni) perseguono con ogni mezzo lo stesso obbiettivo per ragioni diverse e anche diametralmente opposte fra loro.

Suo malgrado, con stupore e disappunto, tocca con mano quanto la perversa complessità del mondo politico possa arrivare ad essere ben più intricata, trasversale e pervasiva di quanto potesse fino ad allora immaginare.

Eppure nonostante la deludente esperienza di quel contatto con mondo politico, Maigret, conserva una sorta di ottimismo. Forse proprio perché si è reso conto del modo in cui funziona quel meccanismo maligno.

Maigret si aggrappa, molto umanamente, alla speranza che quello stesso meccanismo finirà, prima o poi, per distruggere inesorabilmente anche quei “cattivi” che al momento appaiono intoccabili e che la sua inchiesta non è riuscita nemmeno a lambire.

È lecito chiedersi se anche Simenon condivida lo stesso debole ottimismo del suo personaggio.

Simenon apolitico o impolitico?

Simenon è uno scrittore nato e cresciuto in un tempo caratterizzato da un vasto interesse per la politica. Il secolo breve, cioè il XX secolo, è stato il secolo della passione politica, delle ideologie di massa, del primato della politica su ogni altro aspetto della vita umana.

L’opera di Simenon si discosta di molto da questo cliché, cosa che gli ha procurato molte critiche e qualche problema, ma non se ne discosta totalmente.

Possiamo dire che, proprio perché l’opera e la vita di Georges Simenon non sono certamente quelle di uno scrittore engagé, impegnato politicamente, e sono, all’opposto, caratterizzate da una sostanziale distacco dal mondo della politica, questo finisce per rappresentare una posizione politica ben precisa: quella cioè dell’impolitica.

Lo scrittore belga, preferisce definire se stesso un apolitico ed il vocabolario Treccani fornisce questa definizione del termine apolitico:

apolìtico agg. [comp. di a– priv. e politico1] (pl. m. –ci). – Che è estraneo alla politica, che non professa o non aderisce ad alcuna fede o opinione politica: ente a., istituzione a., federazione a., movimento apolitico. Anche sost.: essere un a.; un’associazione di apolitici.

 Il vocabolario Larousse è ancora più stringato, ma sostanzialmente fornisce la stessa definizione anche in francese:

apolitique adjectif et nom

Qui se place en dehors de la politique, qui ne s’occupe pas de politique.

Fuori dalla politica, che non si occupa di politica. Questa è sicuramente l’idea, del proprio atteggiamento verso la politica, che Simenon intende comunicare all’esterno.

Ha le sue ragioni per farlo.

Molti, soprattutto da sinistra lo attaccano con accuse anche pesanti. Si va dal qualunquista al fascista, passando per il generico “conservatore reazionario”. Dichiararsi apolitico può apparire una soluzione.

Abbiamo visto, però, che apolitico è colui che non si interessa di politica e non ha una posizione politica ben definita. Riferendosi a Simenon la definizione è calzante, ma non del tutto esatta. Simenon è, a mio avviso, anche altro.

Lo scrittore ha dimostrato in più occasioni di non essere indifferente ai temi sociali ed ha lasciato, nella sua vastissima opera, tracce ben chiare di un suo “punto di vista” abbastanza chiaro sugli attori della politica. Un pensiero piuttosto negativo e che, nella lingua italiana, è forse meglio definito dal termine “impolitico”.

Recita la Treccani:

impolitica s. f. Atteggiamento passivo e rassegnato di distacco dalla politica.

E il noto giurista Gustavo Zagrebelsky, in un suo articolo su Stampa.it, del 6 novembre 2017, chiarisce ulteriormente:

«L’antipolitica è un’energia che può essere mobilitata “contro”: i partiti, i politici di professione, la democrazia parlamentare. Non è un caso che il populismo sia antipolitico e mobilitante. In un certo senso, è un atteggiamento attivo. L’impolitica è l’esatto contrario: è un atteggiamento passivo, di ritrazione, di stanchezza. Un modo di dire: lasciatemi in pace […] L’impolitico è pronto a sopportare qualunque cosa. L’antipolitico, invece, è disposto a mobilitarsi. Si potrebbe dire che l’impolitica è la fase suprema dell’antipolitica, quando non si crede neppure più al populismo».

Nella lingua francese, però, questa sottile distinzione non sembra esistere ed è nel termine apolitique che si condensano i vari significati possibili.

Nella lingua italiana, come in quella tedesca, i due termini sono differenti e impolitico (unpolitisch) ha un significato diverso rispetto ad apolitico (apolitisch).

Impolitico, sottolinea maggiormente la mancanza di fiducia nell’attività politica, piuttosto che la mancanza di una precisa posizione politica.

Mancanza di fiducia nell’azione politica dunque in Simenon? Si.

Più precisamente: mancanza di fiducia negli uomini che, attraverso l’azione politica, pretendono gestire le comunità umane.

Credere, obbedire, combattere.

Quello di Simenon è un atteggiamento mentale non certo classificabile a sinistra, ma nemmeno definibile di destra.

Sicuramente non è un atteggiamento mentale tipicamente fascista o di chiunque creda fermamente in un’idea o in una dottrina.

Chiunque compia un’azione politica, quant’anche fosse motivata da sentimenti antipolitici, si muove nel campo della politica stessa. Crede di poter influire sulle sorti della propria comunità. Questo è già un atto politico.

La mancanza di fiducia nell’azione politica, in senso lato, è, al contrario, un atto passivo in assoluto e si pone completamente al di fuori dall’agire politico.

Quella di Simenon è una sfiducia nell’uomo, prima ancora che nell’uomo politico.

Direi anzi che sfiducia non è nemmeno la parola esatta a definire una convinzione che nasce dall’osservazione della complessità dei moventi umani nel corso di un’esistenza. Dall’intrecciarsi continuo di opportunità e contingenze con lo spirito di adattamento, l’istinto naturale di conservazione, mescolati, a loro volta, con l’indole passiva o aggressiva dei singoli soggetti.

Ecco allora i dubbi di Simenon sull’amore, sulla Fede, sugli ideali e le ideologie.

 Simenon l’occhio assoluto.

Come, riguardo alle note musicali, esiste l’orecchio assoluto, mi piace pensare che riguardo i fatti degli esseri umani, possa esistere una sorta di occhio assoluto. Una speciale capacità di osservazione che permette di cogliere l’essenza profonda delle cose, semplicemente osservando il vivere quotidiano di uomini e donne in diversi contesti e situazioni.

Qualcosa di molto diverso, però, dal concetto “fotografico” di occhio assoluto, utilizzato, per esempio, a proposito del fotografo e scrittore Bruce Chatwin, e che il grande Cartier-Bresson prova a definire come segue:

“Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un fatto e l’organizzazione rigorosa delle forme percepite visualmente che esprimono e significano quel fatto”.

Per come lo intendo io, l’occhio assoluto, è la capacità di andare in profondità, dietro l’apparenza, e cogliere, attraverso l’osservazione del dato di fatto, quello che sta oltre il fatto in se e per se, e ne rappresenta, insieme, il perché ed il significato.

Non so se ho reso l’idea, ma meglio non riesco a dire.

Questo è, a mio avviso Georges Simenon: un uomo dotato di un particolare tipo di occhio assoluto. Cosa questa che gli ha sicuramente consentito di conquistare la fama, ma non certo la felicità.

Quasi una maledizione direi. Perché, così come il possedere l’orecchio assoluto può arrivare a rappresentare quasi un handicap per un musicista. Perché la musica non è solo perfezione tecnica.

Allo stesso modo, l’occhio assoluto, può condurre lo scrittore ad osservazioni talmente profonde sull’essenza umana dell’essere umano, da ridurre il soggetto osservato (l’uomo) alla sua pura materialità. Restano poche illusioni dopo un tale livello di osservazione!

Simenon possiede questa capacità di cogliere nel quotidiano vivere i meccanismi mentali e, in un certo senso, anche spirituali che si annidano nel profondo dell’essere e ne condizionano immancabilmente l’azione.

Meccanismi naturali e sostanzialmente elementari, non sempre edificanti, se visti con l’occhio della morale (per altro mutevole nel tempo), quasi sempre condizionati dalla necessità, comune a tutti, di perenne autodifesa.

Un’autodifesa che può, volta per volta, espandere fino all’autoaffermazione del proprio ego su quello altrui, oppure contrarsi in puro spirito di sopravvivenza. Difendersi o attaccare, chiudersi o aprirsi al mondo.

I singoli individui agiscono sotto lo stimolo incessante di questa mutevole spinta, ma anche le comunità di individui operano allo stesso modo e tutte le organizzazioni umane, politiche, sociali o religiose che siano.

Maigret, diversamente dal suo autore, conserva un embrione d’ottimismo al quale si rifiuta caparbiamente di rinunciare, malgrado, ad ogni inchiesta, questo suo sentimento venga immancabilmente messo a dura prova.

I romanzi Maigret visti da me!

Maigret e il ministro


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Maigret tra un ministro e un deputatoultima modifica: 2022-02-24T10:55:28+01:00da albatros-331
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