Maigret indaga alle terme di Vichy

Maigret si cura a Vichy.

padiglione delle terme a Vichy

Maigret si cura a Vichy

Maigret si cura a Vichy, a prescriverlo è stato il suo medico ed amico Pardon. Accade così che lo vediamo passeggiare lungamente con la moglie Louise, al pari di altre centinaia di persone, tra le vie della cittadina termale francese. Il parco, i giocatori di bocce, il chiosco con l’orchestra che ogni sera intrattiene gli ospiti, il Teatro, il Casino.

Siamo nel 1967, la modernità incombe (i due Maigret hanno viaggiato in auto e a guidare era lei), ma non qui. Qui, in questo ambiente al confine fra terapia e turismo, sopravvivono retaggi di quell’epoca di fine ottocento che fece la fortuna di questi luoghi termali e dei loro proprietari. Luoghi che Guy de Maupassant descrive così bene e così ferocemente nel suo bel romanzo Mont-Oriol del 1887.

A Vichy fra terapia e vacanza.

Le terme di Vichy, sono quasi un non luogo, dove le persone perdono in fretta la loro naturale fisionomia e finiscono ben presto per assomigliarsi tutte tra loro. Non a caso lo scrittore belga suggerisce un paragone tra la cittadina termale e Nizza, località balneare della Costa Azzurra, dove, allo stesso modo, turisti e passanti si confondono, indistinti, lungo la famosa Promenade des Anglais.

E se Simenon cita Nizza, è chiaro che il paragone risulterebbe altrettanto calzante con ogni altro affollato luogo di vacanza. Perché Vichy è, allo stesso tempo, luogo di cura e di vacanza e, forse, nessuna delle due cose.

Nel romanzo di Simenon, non vi è traccia della spietata critica ai costumi borghesi, presente, quasi un secolo prima, nell’opera di Maupassant.

Solo, sembrano emergere fra le pieghe del racconto, un velo di malinconia, un retrogusto di improbabilità, un lontano inespresso sapore di truffa o di inganno. Quel contrasto così stridente fra serietà dei consulti medici e banalità della cura, affidata semplicemente (quasi miracolosamente) a bagni, abluzioni, fanghi, somministrazioni d’acqua sulfurea.

Anche in eBook: Guy de Maupassant Mont-Oriol

Maigret e la moglie fra acqua sulfurea e dieta ferrea.

Tutta questa possibile vacuità appare ben condensata nella scelta, un po’ comica, di M.me Maigret che, seppur del tutto sana e senza nessuna prescrizione medica, decide di seguire la stessa cura del marito e, difronte al suo stupore, non può che rispondere candidamente: “Pourquoi pas?“.

“Il commissario aveva acquistato un bicchiere graduato come gli altri, e sua moglie aveva insistito per averne uno anche lei. – Non farai anche tu la cura? – Perché no? Cosa rischio? Ho letto sui depliant che le acque fanno dimagrire…- I bicchieri erano chiusi in custodie di paglia intrecciata e la signora Maigret li portava tutti e due a tracolla come i frequentatori delle corse portano i loro binocoli.”

Siamo al confine tra il serio e il faceto e si stenta a credere che il commissario e sua moglie siano veramente convinti dell’utilità scientifica di quella cura cui si stanno, in ogni caso, con grande determinazione (o pazienza) sottoponendo.

Del resto Maigret non è afflitto da alcuna particolare malattia. È semplicemente affaticato da un lungo periodo di lavoro senza sosta, sempre sotto pressione e senza risparmio d’energie. Stressato si direbbe oggi! Infondo non è più un giovanotto! Anzi si avvicina ormai sempre più, per lui, l’ora di andare in pensione.

La malattia e, ancor di più, la vecchiaia sembrano incombere. Anzi, la vecchiaia percepita come malattia, la peggiore di tutte, inevitabile e incurabile.

Lo sguardo umano del commissario Maigret.

Il commissario parigino si muove a braccetto con la fida consorte in questo scenario da Belle Époque. Rispetta orari, diete e somministrazioni d’acqua. Stabilisce una nuova routine quotidiana, fatta di piccoli gesti e lunghe passeggiate. Con apparente indifferenza guarda passargli accanto una folla variegata di uomini e donne simili a lui e a sua moglie. Da alcuni di loro è colpito ed incuriosito. Con occhio attento cerca di intuirne la personalità, il carattere, il pensiero e il destino. Un passatempo per rompere la monotonia dei giorni. Una deformazione professionale da poliziotto di lungo corso.

Un gioco, quello del nostro commissario, ma un gioco piuttosto complicato. Perché in quel luogo tutti, dopo pochi giorni o addirittura poche ore, finiscono per assomigliarsi e per avere sul volto la stessa espressione vacua ed indistinta.

Un gioco che sembra sottintendere ad una riflessione, magari involontaria, non tanto sul senso ultimo della vita, quanto sul quando, sul come e sul fino a che punto, una vita possa dirsi pienamente realizzata e se questa realizzazione possa mai completamente compiersi.

Poi, per tutti, le fonti e la cura delle acque.

Qui anche i Maigret si mettono in fila insieme alle migliaia di altri “pazienti”. Ognuno con il suo bicchiere personale e con la sua dose d’acqua giornaliera, regolarmente prescritta dal medico. Come la dieta, cui tutti devono attenersi scrupolosamente durante i pasti, nei vari alberghi, pensioni e stanze in affitto, in cui trovano ospitalità i tanti e diversi malati, più o meno gravi, che animano la vita della ridente località di Vichy. Tutti o quasi oltre la mezza età.

Maigret a Vichy: trenta pagine di introduzione!

Nel corso della lunga introduzione che apre il romanzo Maigret a Vichy, il lettore apprende i motivi che hanno condotto, quasi suo malgrado, il commissario parigino alla decisione di trascorrere le sue vacanze in una località specializzata nelle cure termali. Una lunga introduzione abbastanza inusuale per uno scrittore come Simenon.

Non dimentichiamo che l’intero romanzo è stato scritto tra il 5 e l’11 settembre del 1967. Sei giorni soltanto per poco meno di 200 pagine. Una lunga introduzione che non ha nulla del racconto poliziesco e che, con studiata lentezza, introduce il lettore, passo passo, dentro una storia che, solo al momento giusto, si trasforma in un vero romanzo d’indagine.

Questa lunga introduzione mostra un Maigret affaticato, a due anni dalla pensione, preoccupato del proprio futuro, non quello professionale, ma quello umano. Complice la fatica accumulata negli ultimi anni di duro lavoro, il commissario sente incombere su di se il momento in cui la vecchiaia lo condurrà a quella inevitabile decadenza fisica e, forse, ad una malattia invalidante.

Così, consigliato dall’amico Pardon, Maigret accetta di sottoporsi ad un periodo di riposo e a quel regime di cura, un tantino improvvisato e semplicistico, presso la stazione termale di Vichy.

Senza animosità alcuna accetta il regime impostogli dal giovane medico locale, cui Pardon l’ha indirizzato. Docilmente accetta la dieta impostagli, beve acqua solforosa ad orari stabiliti ed in quantità stabilita.

Per ore ed ore passeggia in compagna della moglie, lungo itinerari che ogni giorno si fanno più che mai abitudinari. Intervallati da soste altrettanto abitudinarie presso luoghi caratteristici come il campo da bocce, il giardino per bambini, la spiaggia. Ad ogni sosta una nuova pipa, perché Maigret può rinunciare a tutto, anche al vino a tavola, ma non certo alla pipa.

Il commissario, in questa inusuale versione termale, osserva la moltitudine di altri esseri umani che come lui si sottopongono alle stesse cure. La maggior parte di loro sono solo volti anonimi fra la folla; alcuni lo colpiscono maggiormente e lui si sforza di intuirne la professione, il carattere, la gravità o meno della loro condizione di salute, la vita che hanno condotto fino a quel momento.

Una donna solitaria, elegante e quasi indifferente a tutti tranne se stessa, lo colpisce in modo particolare.

Proprio quella donna, un mattino, viene ritrovata assassinata nell’appartamento in cui vive.

Solo a questo punto l’inchiesta ha inizio e il commissario vi si lascia coinvolgere, quasi, suo malgrado. Tenta di difendere quelle nuove abitudini quotidiane, che si è rapidamente creato in quel luogo di vacanza e d’improbabile cura. Abitudini che egli, ora, pretende scandiscano il ritmo di quella sua temporanea nuova vita, ma non può, e non vuole, fingere un disinteresse che non prova.

Due commissari ed un’inchiesta.

Interessante la soluzione narrativa scelta da Simenon per sviluppare l’intreccio della trama più propriamente poliziesca. Maigret non avrebbe alcun titolo per condurre un’inchiesta a Vichy, lo può fare affiancando il vero investigatore locale: il commissario Lecœur.

Si tratta di un poliziotto che, da giovane ispettore, è stato agli ordini di Maigret. Ora è suo parigrado. Anche se, ovviamente, essere a capo della squadra omicidi di Clermond-Ferrand non è la stessa cosa che esserlo di quella di Parigi.

Il confronto proposto dallo scrittore non è però quello scontato che ci si potrebbe aspettare. Lecœur non è uno sprovveduto che ha bisogno d’essere guidato dal famoso collega parigino e se si rivolge ancora a Maigret con l’appellativo di “Capo”, è solo per affetto. Egli è, in ogni caso, un ottimo poliziotto perfettamente in grado di condurre l’indagine per proprio conto.

Simenon propone un confronto che non è di merito e nemmeno di metodo. È più un confronto tra due età della vita e due personalità molto diverse. Lecœur vuole arrivare a cogliere i fatti, trovare le prove, scoprire il colpevole. Comprendere le implicazioni umane non sembra la sua priorità. Non condivide il dramma dei protagonisti della vicenda. Non si crea problemi. Per Maigret è tutto molto diverso. Lui, per sua stessa natura, non può arrivare a capire senza essersi lasciato coinvolgere nell’esistenza altrui.

Ma le differenze tra i due poliziotti non sono così importanti nella narrazione: molto di più lo è il piano di assoluta parità su cui entrambi si muovono. Maigret è diverso da Lecœur, non migliore di lui. Una situazione rara in un romanzo poliziesco dove, normalmente, il protagonista è l’eroe incontrastato della vicenda; il deus ex machina da cui tutto dipende.

Una difficile indagine per Maigret in vacanza a Vichy.

L’indagine appare subito complessa, perché complesse sono le personalità dei soggetti che vi sono coinvolti.

La vittima, in primo luogo. Una donna solitaria ed ambigua. Una delle figure, sconosciute, che avevano colpito maggiormente l’immaginazione di Maigret, durante il suo gioco d’osservazione. Vedendola passeggiare nel parco, insieme a lui e a tanti altri, il commissario è rimasto come turbato da un qualcosa di sfuggente ed incerto in lei. Una donna elegante e solitaria, apparentemente romantica ed al tempo stesso gelida ed indifferente a tutti.

Poi la sorella della donna uccisa, figura umanamente molto meno misteriosa e complessa, ma altrettanto sconcertante, per il ruolo che, presto, si delinea aver avuto nella misteriosa vicenda che è a monte dell’omicidio.

In ultimo, e solo in ultimo, ecco definirsi, piano piano, la figura del colpevole. Prima nella mente del commissario e poi nella realtà fisica della sua persona.

Maigret inizialmente ha completamente trascurato di interessarsi all’assassino. Si è concentrato esclusivamente sulla vittima, sulla sua strana vicenda esistenziale. Poi capisce. Non tutto e non subito, ma abbastanza da rendersi conto che anche l’assassino è, a sua volta, una vittima. Forse quella più autentica.

Ecco allora che lo sforzo di comprensione del commissario si sposta rapidamente su questa figura e, molto presto, essa non avrà più per lui alcun segreto e tutto apparirà chiaro.

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Maigret, due donne ed un feroce inganno.

La truffa e l’inganno aleggiano costantemente nelle pagine del romanzo.

Le cure termali, la loro forse improbabile utilità, la catena di interessi economici collegata a quell’ambiente, insieme, turistico e terapeutico.

Il caso poliziesco sembra voler sviluppare questo tema ancora più in profondità.

Dall’inganno nei confronti di coloro che vengono a Vichy in vacanza, più o meno convinti di guadagnare anche in salute (chi non tiene alla propria salute?), all’inganno, dai risvolti ancora più drammatici ed inquietanti, orchestrato da due donne ai danni di un uomo.

Un inganno, coniugato ferocemente al femminile, che colpisce il maschio là dove più facile è colpirlo: nel profondo di quello che è, per antonomasia, il suo sentimento più autentico.

Due diversi inganni con una comune origine: l’avidità.

Il tema dell’avidità coniugato al femminile è spesso ricorrente in Simenon. Aleggia il rapporto burrascoso dello scrittore con la madre (emblematico il fatto che la donna, come la madre di Simenon, affitti a turisti due stanze dell’appartamento in cui abita). Aleggia forse, in quegli anni, anche l’amarezza per i tanti problemi del suo secondo matrimonio. Un rapporto che, dopo molte vicissitudini, è ormai esaurito, ma che non può concludersi in maniera definitiva se non al prezzo di spese enormi.

Su tutto incombe la spada di Damocle della vecchiaia e la segreta convinzione dell’impossibilità, per l’essere umano, di una piena realizzazione di se stesso.

Semplicità e scorrevolezza della scrittura, banalità del male e dei moventi umani, estrema profondità delle tematiche sottese al racconto.

Anche in questo risiede l’estrema originalità di Maigret e, naturalmente, del suo autore.

I romanzi Maigret visti da me!

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Maigret indaga alle terme di Vichyultima modifica: 2023-03-18T01:01:10+01:00da albatros-331
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