Simenon a Montparnasse nella Parigi anni’20

Uno scrittore belga nelle notti di Montparnasse.

La Closerie des Lilas a Parigi, quartiere Montparnasse.

La Closerie des Lilas a Parigi, quartiere Montparnasse.

Gli Anni Ruggenti di Simenon a Montparnasse.

Georges Simenon è stato uno dei protagonisti delle notti di Montparnasse, nel corso degli anni ’20 del novecento.

L’aspirante scrittore conobbe il quartiere parigino degli artisti, quando era ancora sconosciuto a tutti e con pochissimo denaro in saccoccia. Lo frequentò assiduamente da affermato, e ben pagato, narratore seriale; autore ormai capace di sfornare, quotidianamente, una quantità industriale di novelle e romanzi popolari, che trovavano ampio spazio su tutta la stampa parigina.

Il giovanissimo Simenon, con al fianco l’altrettanto giovane moglie Régine, pittrice di un certo talento, nonostante le difficoltà, non indifferenti, di quei loro primi anni di vita nella Ville Lumière, non mancarono mai di frequentare quei locali dove le più significative figure della cultura europea di quegli anni, si ritrovavano assiduamente.

Molti di quei nomi erano già noti alla critica o al grande pubblico, altri lo sarebbero divenuti in seguito, come lo stesso Simenon, altri ancora, forse i più, ebbero una notorietà meno ampia e duratura o non ne ebbero affatto.

Tutti furono testimoni e participi di una grande stagione culturale e sociale, seguita alla Grande Guerra, che va sotto il nome di “années folles“: gli anni folli!

In Italia saranno detti “Anni Ruggenti“, negli Stati Uniti Roaring Twenties, in Germania Goldene Zwanziger, in Gran Bretagna Golden Twenties. Persino nella cattolicissima Spagna sono ricordati come i Felices años veinte.

Ovunque rappresentano un’epoca felice, dopo la guerra e l’epidemia di Spagnola.

L’epoca in cui si affaccia sulla Storia la cosiddetta “classe media”. Una piccola borghesia che anche in Europa, e soprattutto negli Stati Uniti, vede aumentare di molto le proprie possibilità economiche.

Un’epoca incardinata contemporaneamente ad una forte ripresa economica e ad una, altrettanto forte, esigenza di rinnovamento culturale.

Un decennio, poco più poco meno, di grande sviluppo, ma destinato a terminare bruscamente il 24 ottobre del 1929, con il crollo della Borsa a Wall Street.

In realtà una prima gravissima avvisaglia si era avuta, due anni prima, il 13 maggio del 1927 con il cosiddetto “venerdì nero” della Borsa di Berlino, ma nessuno vi aveva prestato l’attenzione necessaria.

In Francia le conseguenze immediate saranno meno visibili e la crisi economica inizierà veramente a mordere solo nel 1931.

Un futuro grande scrittore a Parigi.

Simenon giunge a Parigi, alla Gare du Nord, nel dicembre del 1922, proprio nel momento in cui les années folles iniziano ad esplodere nella Ville Lumière. Il giovanotto belga non ha ancora vent’anni: li compirà il 13 febbraio del ’23.

Non lo si può esattamente definire uno scappato di casa. Ha in tasca un po’ di soldi, avuti in prestito dalla madre, e una lettera di raccomandazione di Joseph Demarteau, direttore del quotidiano belga dove ha lavorato fino al giorno prima: La Gazette de Liège.

Nella mente un obiettivo preciso: diventare uno “scrittore”.

Nonostante la determinazione del giovane e quel minimo di sostegno alle spalle, il domani si presenta abbastanza incerto e nutrire un po’ di apprensione per il proprio futuro è cosa più che ragionevole.

Grazie ai buoni uffici di Demarteau, l’aspirante scrittore, può continuare a definirsi giornalista, dato che invia articoli alla Reveu Sincère di Bruxelles, della quale può vantare l’incarico di “corrispondente parigino”.

La lettera di presentazione del sue ex direttore alla Gazette, gli consente di trovare lavoro come segretario presso uno scrittore allora molto in voga a Parigi: un medico svizzero naturalizzato francese, eroe di guerra e ora romanziere con il nome di Roger- Valmer.

Non è un periodo troppo esaltante della vita di Simenon: abitazioni precarie, poco denaro, lavoro ingrato.

Entra in contatto con alcuni artisti, liegesi come lui, e passa il tempo libero soprattutto a Montmartre, in locali pittoreschi e a buon mercato.

Siamo solo all’inizio di quel lungo apprendistato che lo condurrà, in una manciata di anni, esattamente dove lui aveva deciso di arrivare: essere un vero scrittore.

Ad attenderlo a Liegi è rimasta la sua ragazza, Régine Renchon, che per lui e per tutti sarà, solo e sempre, semplicemente Tigy. Una giovane di estrazione borghese ma di indole bohémien, che studia arte e dipinge, mostrando una buona inclinazione.

In realtà, Régine, aspetta Georges per seguirlo a Parigi il più presto possibile. Naturalmente, prima c’è da convolare a giuste nozze.

Il giorno fatidico arriva finalmente! È il 24 marzo del 1923.

Simenon rientra nella natia Liegi. A Parigi ha trovato un nuovo lavoro, più interessante e un po’ meglio pagato, come segretario di un ricco ed influente aristocratico: il marchese di Tracy.

Inizia a farsi conoscere nelle redazioni di alcuni giornali e scrive i primi racconti popolari che, bene o male, qualcosa fruttano.

Il matrimonio sarà religioso, ma è solo una formalità necessaria, imposta dalla madre di Simenon, e, infondo, si tratta di un sacrificio accettabile anche per una giovane copia in odore di ateismo.

Poi è subito Parigi.

I due giovani sposi rimangono, però, ben poco tempo a Parigi: il nuovo lavoro di Simenon, al seguito del marchese, li obbliga a trasferirsi nel cuore della provincia francese: l’Allier.

Simenon scrive, scrive in continuazione, consegna i tanti racconti e romanzetti ai giornali dove è riuscito ad introdursi, ma il vero salto di qualità nella sua vita avviene il 27 settembre del 1923.

Quel giorno il prestigioso quotidiano Le Matin pubblica un suo racconto, nella rubrica letteraria diretta da Colette.

Se vogliamo stabilire una data precisa (cosa che è sempre un azzardo) per l’inizio dell’ascesa di Simenon, non può essere che quella in cui il suo racconto La petite idole esce sulle pagine del principale giornale di Parigi.

È a questo punto che, lo scrittore si congeda dal marchese e la copia si trasferisce in Place des Vosges.

I soldi sono ancora pochini, ma se ne vanno tutti nei locali di Montparnasse dove i due giovani iniziano  a frequentare assiduamente la vasta colonia di artisti, con critici e celebrità al seguito, che anima le notti parigine nel quartiere.

La cultura a Parigi fra Montmartre e Montparnasse.

Centro culturale europeo di primissimo piano, Parigi, attira da sempre stuoli di artisti, o aspiranti tali, provenienti da ogni luogo della Francia e del mondo.

I più giovani ed ancora poco affermati, già sul finire dell’ottocento, si concentrano soprattutto a Montmartre. Vivono in case popolari e spesso fanno la fame. È la Bohème resa celebre da Puccini.

Più tardi sarà un nuovo quartiere ad attirare molti di questi artisti. Un quartiere posto sulla riva sinistra della senna e molto più vicino al cuore di Parigi: Montparnasse.

In questo luogo, non ancora inurbato nella capitale, sorgeva un tempo una misera collinetta, poco più che un rilievo del terreno. A frequentarlo, erano soprattutto studenti universitari, che vi si ritrovavano per declamare versi classici della poesia greca.

La collinetta venne battezzata Mont Parnasse, in onore al Monte Parnasso, in Grecia, dove il Mito colloca la residenza delle Muse. Accadeva nel XVII secolo, ma accadeva a Parigi e, come non mi stanco di ripetere, la cosa non poteva non lasciare un segno nella storia.

La collina scomparve, ma il nome rimase. Montparnasse divenne un lungo boulevard e molto altro ancora.

Montparnasse ora è un quartiere amministrativo di Parigi, il 53°, situato sulla riva sinistra della Senna nel 14° arrondissement.

La zona prediletta dagli artisti, e destinata a divenire famosa nel corso degli anni ’20 del novecento, non corrisponde esattamente al quartiere amministrativo. Alcuni luoghi emblematici dell’epoca sono, amministrativamente, situati nei vicini quartieri di  Notre-Dame-des-ChampsNecker e Plaisance. così come la zona ad est della place Denfert-Rochereau, pur appartenendo al quartiere, non fu mai compresa nell’area di interesse culturale.

Parigi negli anni ruggenti.

La Montparnasse degli artisti si sviluppa lungo gli assi di boulevard du Montparnasse e boulevard Raspail ed ha al suo centro un luogo che lo scrittore americano Henry Miller definirà il vero ombelico del mondo: il carrefour Vavin, oggi piazza Pablo Picasso.

Nei pressi, altrettanto famose, la rue Delambre e la rue de la Gaîté.

Sembra che uno dei primi artisti a stabilirsi in questa zona di Parigi sia stato proprio Pablo Picasso.

L’artista andaluso scelse di abitare nel quartiere già nel 1912. Prima al 242 di Boulevard Raspail e poi al 5bis della rue Victor-Schœlcher vicino al cimitero di Montparnasse.

Sia ben chiaro: in quegli anni Parigi è tutta un fermento. Gli avvenimenti mondani, così come i luoghi d’incontro d’artisti d’ogni genere, pullulano un po’ ovunque: a Montmartre, come a la Maddalaine o agli Champs Élysées.

Il fatto è, che a Montparnasse tutto si concentra in una manciata di luoghi, tutti abbastanza vicini l’uno all’altro, e questo produce la sensazione che il quartiere intero sia coinvolto e partecipi all’ondata di rinnovamento che l’attraversa.

Era accaduto qualcosa di simile a Montmartre verso la fine del XIX secolo, accadrà di nuovo a Saint-Germain-des-Prés dopo la Seconda Guerra mondiale.

La differenza fondamentale, durante il decennio degli Anni Ruggenti, consiste nel diverso approccio del pubblico verso l’arte. Gli artisti non sono più guardati come dei reietti della società: al contrario!

Sono vezzeggiati ed adulati e le loro opere trovano subito un mercato fiorente fra i tanti collezionisti, americani soprattutto, accorsi nella capitale francese.

Con la fine del Primo conflitto mondiale e l’ondata di rinnovamento culturale e sociale che ne segue, il quartiere di Montparnasse, con i suoi teatri, le brasserie ed i cinema diventa sempre più il luogo di incontro prediletto di tutto il milieu artistico parigino e internazionale.

Gli anni ’20 vedono arrivare a Parigi artisti provenienti da ogni dove, attratti dall’influenza culturale della capitale francese.

Montparnasse è un quartiere ancora relativamente popolare ed offre loro la possibilità di affittare laboratori ed appartamenti a canoni accettabili. In più, nella zona, sono numerosi i piccoli caffè economici dove ci si può facilmente ritrovare, discutere, sostenersi a vicenda.

In attesa della “fama” naturalmente!

Questa nuova popolazione di artisti, i “Montparnos“, dà rapidamente vita ad un’atmosfera creativa e cosmopolita come non si era mai visto in precedenza. Questo finisce per attirare nel quartiere anche mecenati e mercanti d’arte, alla ricerca di nuovi talenti, e una folla variegata di intellettuali, giornalisti, appassionati, danarosi snob e semplici curiosi.

Arrivano in massa anche gli “americani” con loro la musica Jazz, il whisky, la moda, il Cinema. Esplodono les Années folles: gli Anni Ruggenti!

Sono questi gli anni in cui Georges Simenon inizia a costruire il suo futuro di scrittore di fama mondiale.

Un’epoca della quale ci ha lasciato una bella testimonianza il pittore, poeta e romanziere Georges-Michel Michel, nel suo romanzo Les Montparnos.

È uno dei libri più noti di questo autore, che per primo battezzò quella popolazione di artisti con il nomignolo rimasto famoso di Montparnos. Scritto nel 1923, pubblicato nel 1929 e ripubblicato più volte, il romanzo ha come sfondo principalmente Montparnasse e, sotto i nomi di Modrulleau e Haricot-Rouge, racconta la vita e l’amore di Amedeo Modigliani e Jeanne Hébuterne, pittori, lui in particolare, fra i più significativi di quella che sarebbe stata chiamata la Scuola di Parigi.

L’occhio precocemente disincantato di Simenon trasferirà alcune delle esperienze dell’epoca in molti dei suoi primissimi romanzi sotto pseudonimo. Allo stesso modo, alcuni personaggi dei suoi futuri romanzi trovano radice fra le molte conoscenze di quegli anni.

L’unico romanzo in cui si farà esplicito riferimento alla Momparnasse di quegli anni è però il Maigret di La tête d’un homme, scritto nel 1931 (quando la crisi economica è ormai evidente), dove lo scrittore pone in evidenza tutt’altro che il lato romantico ed “eroico” di quegli anni.

Les Montparnos- Roman (Collection “Le livre de demain”)

Tutto il mondo ad un incrocio.

“Volevo vedere con i miei occhi ciò che da lontano avevo solo sentito dire: la rivoluzione dell’occhio, la rotazione dei colori che spontaneamente e ad arte si fondono nell’idea di un flusso di linee. Questo non avrebbe potuto essere visto nella mia città. Il sole dell’Arte splendeva allora solo su Parigi. »

È il pittore Marc Chagall ha spiegare l’atmosfera particolare di quell’epoca artistica assolutamente unica per intraprendenza e visione.

Il decennio che segue il primo conflitto mondiale è caratterizzato da una straordinaria concomitanza di fattori di ordine culturale, sociale ed economico.

Il massacro consumatosi sui campi di battaglia ha cancellato molte delle illusioni che nutrivano l’utopia positivista.

Ripresa economica, individualismo, voglia di godere il meglio della vita qui e ora, desiderio di novità e rinnovamento, alla ricerca di nuovi canoni estetici e punti di riferimento esistenziale.

Nascono quasi ogni giorno nuove tendenze e nuove forme espressive.

Il movimento Dada che ha fra i suoi fondatori Tristan Tzara e che rimette in discussione tutte le convenzioni e tutti i canoni considerati essenziali fino ad allora, il Surrealismo di André Breton che muove all’assalto dei processi creativi ed espressivi ed influenza la poesia come la pittura e la cinematografia, il preziosismo dell’Art Deco che vuole rinnovare l’architettura e la decorazione.

Montparnasse è il grande palcoscenico dove si rappresenta questo quotidiano incredibile spettacolo.

Artisti francesi come  André BretonLouis AragonPaul Éluard o Robert Desnos siedono fianco a fianco con artisti delle più svariate nazionalità, come il lituano Chaïm Soutine, l’italiano Amedeo Modigliani, il russo Marc Chagall, lo spagnolo Pablo Picasso, il canadese Morley Callaghan o il giapponese Tsuguharu Foujita.

Mischiati a questa folla, effervescente di stimoli e di idee, vi sono poi gli scrittori americani della cosiddetta “generazione perduta”, come F. Scott Fitzgerald, Henry Miller ed Ernest Hemingway, con l’amica e sodale  Gertrude Stein, e tante altre personalità, legate al mondo dell’arte, giunte a Parigi d’oltre oceano sull’onda di questo generale rinnovamento che fa apparire tutto possibile: Peggy Guggenheim, Edith Wharton, Harry Crosby, D. H. Lawrence, Archibald MacLeish, James Joyce, Kay Boyle, Hart Crane, William Faulkner, Dorothy Parker e, sicuramente, ne stiamo dimenticando più d’uno.

Dove si incontra, si mescola e si riconosce tutta questa folla di personaggi creativi?

A Montparnasse naturalmente! In quei locali disseminati intorno al carrefour Vavin: l’ombelico del Mondo!

Locali destinati ad entrare per sempre nella storia di Parigi: Le DômeLa Closerie des LilasLa RotondeLe Select, e, ultima ma non ultima: La Coupole.

Luoghi in cui si accetta di buon grado che artisti affamati possano occupare un tavolo per l’intera serata ad un prezzo ridicolo. Se si addormentano, i camerieri hanno ordine di non disturbarli.

Naturalmente discussioni e liti sono all’ordine del giorno. Animate polemiche sull’ultima avanguardia o sul valore di un’opera o un artista. L’uso e l’abuso di alcol non aiuta a calmare gli animi, ma anche quando lo scontro diventava violento, la polizia non viene chiamata o accade assai di rado.

Se poi gli artisti non possono pagare il conto, può accadere, come a La Rotonde, che il proprietario, Victor Libion, accetti uno schizzo o alcuni versi vergati su di un tovagliolo.

Così le pareti dei caffè si trasformano in collezioni di opere d’arte: gallerie improvvisate e speranzose.

Poco distante, in rue de la Gaîté, è un susseguirsi di teatri, sale da ballo, cabaret e, ultime nate, sale cinematografiche.

Primo fra tutti è il music-hall Bobino, ma, non meno noti e frequentati, ecco anche: il théâtre de la Gaîté-Montparnasse, il théâtre Montparnasse, la Comédie italienne, il Cinéma des Mille Colonnes.

Al pari di tanti altri personaggi della loro epoca i coniugi Simenon si tuffano in questa effervescente atmosfera creativa. Lui in particolare, assorbe come un’avida spugna ogni stimolo, ogni sensazione.

Incontrano tutti, conoscono tutti!

Eugène Merle, André Gide, Pierre Lazareff, Jean Prouvost, Carlo Rim, Jean Renoir, Jaques Haumont, Florent Fels, Germaine Krull, Man Ray e…Joséphine Baker.

Allaccia rapporti, Simenon, stringe amicizie, si innamora persino! Tesse una rete di relazioni ed inizia a costruire la sua leggenda.

Soprattutto, studia l’ambiente e i tanti personaggi che lo animano, arricchendo sempre di più il suo bagaglio di esperienze da trasferire, quotidianamente, nelle migliaia di pagine dei suoi racconti e romanzi da distribuire a editori e giornali.

Fino al giorno in cui nasce Maigret.

Simenon con Maigret a Montparnasse.

Georges Simenon scrive il suo primo romanzo con Maigret protagonista nel 1929. Che sia Pietr le letton o un altro è cosa dubbia, ma qui il particolare non conta poi molto.

Non lo scrive a Parigi il suo primo Maigret, perché a Paname lo scrittore è rimasto poco sul finire degli anni ruggenti.

Parigi e Montparnasse lo attirano e gli sono indispensabili, ma rischiano di divorare troppo del suo tempo e delle sue energie.

Urge staccare e dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Prima sarà Concarneau e la Bretagna, poi i canali di Francia e del Nord Europa, poi, ancora, il Midì e l’isola di Porquerolles: infine La Rochelle e la Charente.

Ma quando il suo Maigret è pronto per essere offerto agli editori ed al pubblico, c’è solo Parigi dove questo può accadere!

Ed è a Parigi che accade!

La sera del 20 febbraio 1931 una folla variopinta si accalca davanti alle porte del cabaret La Boule Blanche, a Montparnasse, al civico 33 della rue Vavin.

Smoking e pellicce si affiancano a costumi e abiti scollati: uno spettacolo mai visto!

Il meglio di Parigi è stato “convocato”, più che invitato, ad un misterioso “ballo antropometrico” il cui biglietto d’invito riproduce il fascicolo della polizia del famoso criminale Jules Bonnot.

Spiccano nomi di grido, come le cantanti Damia e Suzy Solidor, gli scrittori Francis Carco, Colette, Armand Salacrou, Marcel Achard, Francis Jeanson, il pittore Kisling.

Non mancano i politici, le star del cinema, giornalisti e uomini d’affari.

Un migliaio di persone si accalcano nel locale antillano che potrebbe contenerne al massimo duecento!

Travestimenti stravaganti e colorati ovunque. Apache dei Fortif, magnaccia, giocatori d’azzardo, banditi e gigolettes.

Le Tout-Paris si muove come può nella calca, al ritmo di un’orchestra dell’India occidentale, balla e beve fino alle sette del mattino.

È il mitico Ball Antropometrique: la festa fantasmagorica ideata da Simenon per il lancio della sua nuova collana che ha Maigret come protagonista.

La stampa ne parla per settimane. La festa è un successo, Maigret è un successo.

Ma gli Anni Ruggenti sono ormai al loro capolinea, la crisi economica e sociale è alle porte.

Montparnasse rimane, con i suoi caffè, i suoi ristoranti, i cinema e i teatri, ma non sarà mai più esattamente lo stesso.

Simenon e il suo Maigret alla Coupole di Montparnasse.

Georges Simenon ha vissuto solo una decina d’anni abbastanza stabilmente a Parigi. Sono gli anni che vanno dal 1922 al 1932.

Verso la metà degli anni ’20 lo scrittore belga frequenta assiduamente i locali alla moda della città, ma La Coupole apre i suoi battenti proprio in un momento assai critico per il giovane belga trapiantato al centro del mondo.

Così, tra i 2500 ospiti che animano l’inaugurazione de La Coupole, quel fatidico 20 dicembre del 1927, non ci sarà Georges Simenon.

Il futuro scrittore di lingua francese più prolifico del mondo, ha lasciato Parigi, in tutta fretta, nel giugno di quello stesso anno. È stato, negli anni precedenti, un assiduo frequentatore delle notti di Montparnasse, mentre la sua stella iniziava la fulminante ascesa che lo avrebbe portato alla fama internazionale ed alla ricchezza. Notti ed amori folli, una vita senza freni, fra lavoro estenuante di giorno e le luci accecanti della vita parigina di notte.

C’è mancato poco che l’ebrezza del primo successo lo conducesse alla rovina. Un amico affascinante e pericoloso (il discusso giornalista Eugène Merle) ed un’amante sfrenata ed insaziabile (la favolosa Joséphine Baker) lo portano ad un passo dal commettere altrettanti errori che potrebbero essergli fatali e pregiudicare il suo futuro. Non resta che la fuga. Via dalle follie di Parigi.

L’Oceano, La Rochelle, la pace interiore, e lavoro, lavoro ed ancora lavoro.

Nei quattro anni che lo separano dalla pubblicazione dei primi Maigret, lo scrittore belga frequenta assai poco Parigi e le sue notti sfavillanti, pur mantenendo la sua base operativa in città.

È lecito pensare, quindi, che il primo vero contatto di Simenon con La Coupole avvenga parecchio tempo dopo l’inaugurazione del locale. È altrettanto evidente che questa immensa brasserie lo conquisti al pari dei tanti, parigini e non, che la frequentano assiduamente.

Nel febbraio del 1931, quando lo scrittore progetta un grande “lancio pubblicitario” per la sua nuova serie di romanzi polizieschi con Maigret protagonista, egli organizza una grande festa a La Boule Blanche, un locale alla moda in rue Vavin 33: poco distante da La Coupole!

A colpire in modo particolare Simenon non è la fama “intellettuale” della brasserie, quanto, piuttosto, lo stridente contrasto fra l’opulenza sfacciata di tanti avventori (gli americani in particolare, ma non solo), reale o presunta che sia, cui fa da contrasto lo stato quasi miserabile di altri clienti che trascinano con fatica le loro esistenze, ma non rinunciano ad essere lì: in quel centro del mondo in cui, pare, tutto potrebbe accadere.

Simenon ci descrive quel mondo in un romanzo dove la brasserie parigina ha un ruolo determinante nella vicenda narrata: è il famosissimo: La tête d’un homme.

Qui La Coupole si trova al centro della vicenda e il locale è ampiamente descritto, insieme alla folla rutilante e cosmopolita dei suoi frequentatori abituali.

La tête d’un homme (Una testa in gioco, nell’edizione Adelphi) è il quinto romanzo della serie con Maigret ed è l’unico scritto a Parigi. Lo scrittore vi lavora nel febbraio del 1931, in una stanza dell’Hôtel L’Aiglon di boulevard Raspail, proprio a due passi dalla mitica brasserie di boulevard Montparnasse.

“A Montparnasse l’animazione era al culmine. Era mezzogiorno e mezzo. Nonostante la giornata autunnale, i tavolini all’aperto dei quattro grandi caffè nelle vicinanze dell’incrocio con boulevard Raspail erano affollati di clienti, per un buon ottanta per cento stranieri.

Maigret andò dritto alla Coupole, individuò l’ingresso del bar ed entrò.

C’erano solo cinque tavolini, tutti già occupati. La maggior parte dei clienti se ne stava appollaiata sugli alti sgabelli lungo il banco, oppure in piedi.

Il commissario sentì qualcuno ordinare: « Un Manhattan…». E disse con indifferenza: « Anche per me…».

…C’era un mucchio di gente. Da un passavivande nella parete in fondo arrivavano in continuazione le patatine fritte, le tartine e le bevande calde preparate in cucina.

I quattro camerieri vociavano ininterrottamente e i clienti si apostrofavano in lingue diverse, fra un gran tintinnio di piatti e bicchieri.

E l’impressione dominante era che avventori, barman, camerieri, e perfino le suppellettili, formassero un tutto omogeneo.

Le persone stavano gomito a gomito nella massima familiarità, e tutti, dalla donnina sola all’industriale sceso dalla sua limousine in allegra compagnia all’aspirante pittore appena sbarcato dalla natia Estonia, tutti interpellavano il barman più anziano chiamandolo familiarmente Bob…”

È la descrizione fedele di un mondo effervescente, vivace, cosmopolita e, apparentemente, “democratico”.

Eppure si avverte un qualcosa che stride, in quella familiarità ostentata di tutti con tutti. Un qualcosa di falso.

“C’erano due donne che tutti conoscevano e tutti salutavano: in una di esse Maigret riconobbe, appesantita dagli anni ma provvista di una costosa pelliccia, una ragazzetta che un tempo aveva dovuto portare alla Gare Saint-Lazare dopo una retata un rue de la Roquette.

Ora, aveva la voce rauca e gli occhi stanchi, e la gente, passando, le stringeva la mano. Seduta davanti al suo tavolino come su un trono, sembrava incarnare quell’equivoco miscuglio di umanità che le si aggirava intorno.”

Simenon non è certo tipo da indignarsi per questioni morali o moraleggianti. In altri momenti ha speso anche lui più di quanto guadagnasse e senza nessun ritegno. Anche lui ha frequentato ambienti di quel genere e, anche se molto meno di un tempo, continua a frequentarli.

A colpire lo scrittore è, molto più probabilmente, il senso di vacuità che ormai quel luogo trasmette, ora che gli anni duri e critici, del decennio successivo, si avvicinano.

“C’era, in mezzo a quel frastuono, anche qualche personaggio isolato, ed erano proprio questi la nota più pittoresca del locale.

Da un lato, gente vestita in modo costoso ed eccentrico, che parlava forte, gesticolava e ordinava continuamente da bere.

Dall’altro, un certo numero di esseri che sembravano venuti dai quattro angoli della terra al solo scopo di introdursi in quel mondo rutilante.”

Un mondo rutilante ed in gran parte fasullo ma che, per alcuni, appare come il migliore possibile. Un mondo solo in apparenza inclusivo, ma che sa escludere perentoriamente chi non osserva le sue regole: non scritte, misteriose ed incomprensibili agli esclusi.

“C’era, per esempio, una giovane donna che non poteva avere più di ventidue anni e che indossava un tailleur nero fatto su misura, di buon taglio ma con i segni di infinite stirature.

…In mezzo a quella gente che prendeva aperitivi da dieci franchi l’uno, lei beveva un bicchiere di latte e mangiava una brioche. Era l’una, e doveva quindi essere il suo pranzo…Non sentiva niente, non vedeva niente. Sbocconcellava pian piano la sua brioche e sorseggiava il latte, del tutto indifferente al gruppetto che, seduto al suo stesso tavolo, era già al quarto cocktail.”

Ma è vera indifferenza o rifiuto? Ribellione interiore ad un qualcosa percepito come ingiusto; forse a livello sociale, ma, molto prima, a livello personale.

“Non meno sconcertante era un uomo la cui capigliatura sarebbe bastata ad attirare l’attenzione: rossa, crespa e straordinariamente lunga. Indossava un abito scuro, lucido e liso, e una camicia azzurra con il colletto aperto, senza cravatta.

Se ne stava appoggiato all’estremità del banco, nell’atteggiamento del vecchio cliente che nessuno oserebbe disturbare, e mangiava, una cucchiaiata dopo l’altra, un vasetto di yogurt.

…Come la ragazza russa, aveva gli occhi febbricitanti e le palpebre arrossate; eppure c’era, nella sua fisionomia, qualcosa di oltremodo sprezzante e altero.”

Non vi è traccia di quel tempo in cui tutto sembrava possibile. Quello che rimane è apparenza, indifferenza ed un vuoto assordante.

Passano alcuni anni, altri romanzi vengono scritti da Simenon. Lo scrittore lascia la casa editrice Fayard che per prima ha pubblicato il suo Maigret e passa alla prestigiosa ed intellettuale Gallimard.

Il personaggio stesso del commissario con pipa e bombetta sembra destinato a veder concluse le sue inchieste.

Nel 1939 Simenon in qualche modo ci ripensa e realizza una nuova inchiesta di Maigret: Les caves du Majestic.

Il romanzo esce nel 1942 e segna il definitivo ritorno in scena di Maigret, anche se temporaneamente per i tipi di Gallimard.

Proprio in chiusura di romanzo ecco il nostro Maigret seduto con il fido Lucas ad un tavolo de La Coupole.

Una lunga sequenza in cui un colpevole viene delicatamente messo di fronte alle proprie responsabilità, fra un’aragosta con maionese, una costata con patatine fritte (che Simenon definisce assolutamente perfette) ed altre golosità.

In seguito, La Coupole, non sarà mai più il luogo centrale di un’inchiesta, ma del rapporto, fattosi alla fine affettuoso, dello scrittore con quel mitico luogo, rimane ancora traccia in alcune altre sue pagine.

Uno su tutti nel romanzo Maigret et son mort, scritto nel Dicembre del 1947 (Simenon ormai è negli Stati Uniti da un annetto) e pubblicato l’anno successivo da Presses de la Cité.

In questo romanzo vediamo il commissario Maigret, nel cuore della notte, addentare due magnifici panini al prosciutto e bersi tre birre una dietro l’altra. È solo, nel bar ormai semideserto de La Coupole.

Nostalgia canaglia!

Gli Anni Ruggenti – Annie Goldmann.

Tenera è la notte – F. Scott Fitzgerald

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Simenon a Montparnasse nella Parigi anni’20ultima modifica: 2022-05-04T03:43:57+02:00da albatros-331
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