La giovane morta di Maigret

Maigret e la giovane morta.

strada deserta di notte.

La misteriosa morte di una ragazza sconosciuta e l’indagine di Maigret sulla sua vita.

 

Chi è questa giovane morta di Maigret? Di cosa stiamo parlando?

Evidentemente del romanzo che Georges Simenon scrive nel gennaio del 1954 a Shadow Rock FarmMaigret et la jeune morte. Uno degli ultimi tre Maigret “americani” dello scrittore. Americani nel senso che scritti durante il suo soggiorno negli Stati Uniti. Esattamente un anno dopo Simenon tornerà in Europa.

La giovane morta di Maigret.

Ho volutamente modificato il titolo per sottolineare almeno due analogie con un altro romanzo che Simenon scrisse, sempre nel Nuovo Continente, ben sette anni prima: Maigret et son Mort.

Entrambi i romanzi hanno in comune una vittima di cui, inizialmente non si conosce assolutamente nulla. Entrambe le inchieste si dipanano lungo un percorso di indagine che è allo stesso tempo una interminabile passeggiata per Parigi.
Maigret e la giovane morta

Forse due romanzi della nostalgia. La nostalgia dell’autore per quella che per Simenon è probabilmente “la città dell’anima”: Parigi.

Parigi che nel 1947, lo scrittore, ha lasciato da un anno; Parigi che nel 1954 ritroverà di lì ad un anno!

Quella per cui sembra struggersi lo scrittore belga, è una Parigi più metafisica e simbolica che reale. Quando se ne va, nel 1946, e lascia la Francia, Simenon, è da un bel po’ che non vede Parigi. Quando, nel 1955, ritorna nella sua “patria d’adozione”, a Parigi, dedica ben poco del suo tempo.

Ma si sa: la nostalgia è canaglia e crea miti e suggestioni cui è difficile resistere.

Maigret e la giovane morta: un poliziesco vero.

Maigret e la ragazza morta, o, anche, Maigret e la giovane morta, in una traduzione più aderente all’originale (vedremo in seguito quanto sia importante), è, forse, un romanzo della nostalgia e dell’amore per Parigi, ma, di certo, non è soltanto questo.

Qualcuno ha scritto di Simenon:

“(Simenon)…possedeva un alta ingegneria dell’intreccio romanzesco e un senso acuto della psicologia dei personaggi…”(Alfio Squillaci).

Concordo pienamente e credo che dovendo scegliere un opera in cui queste doti di Simenon emergano in modo più evidente, questa è proprio: Maigret et la jeune morte.

Innanzi tutto è un gran bel poliziesco, scritto bene e secondo i crismi classici.

Il gioco degli opposti.

Inizia tutto una notte di marzo, sotto una pioggia sottile, con il ritrovamento del cadavere di una giovane donna, in una notturna e deserta Place Vintimille (oggi Place Adolphe Max). Di lei non si conosce assolutamente nulla e l’indagine di Maigret non sarà altro che un lento procedere a riempire il vuoto di informazioni sull’identità della ragazza e, al contempo, sulla sua personalità.

Identità e personalità. Due risposte diverse alla domanda: chi sei?

Chi si limita all’identità può sbagliare e, in effetti sbaglia. Chi riesce ad andare a fondo nell’indagine, arrivando a definire la personalità della donna, non può sbagliare. E Maigret non sbaglia.

Un giallo dei più classici.

Un Maigret dei più classici e, allo stesso tempo, una riflessione generale sulla condizione dell’essere umano nella disgregata società contemporanea. Più probabilmente sulla condizione umana tout court: in ogni tempo e in ogni società.

Pensieri forse influenzati dall’esperienza americana di Simenon e, in seguito, elaborati e generalizzati. Forse, e lo credo di più, precedenti agli anni dell’esilio statunitense e addirittura collegati al significato stesso del personaggio Maigret.

Simenon scrive Maigret e la giovane morta in soli otto giorni (11-18 gennaio) e, sinceramente, rimango stupefatto ogni volta che lo rileggo e mi rendo conto di quello che riesce ha realizzare, questo autore, in un lasso di tempo così breve.

Naturalmente la velocità di scrittura non è una novità per Simenon. Diciamo, al contrario, che è una delle sue caratteristiche peculiari. Nel caso di questo romanzo, però, quello che sorprende veramente non è tanto la rapidità del lavoro creativo svolto, ma la complessità e profondità dell’intreccio realizzati.

La narrazione è costruita, molto sapientemente, intorno ad una serie di opposizioni ed accostamenti abbastanza complessi e che insieme definiscono una visione del mondo più disincantata che pessimista, ma che è quella, evidentemente, alla base del pensiero di Simenon. Riesce difficile immaginare come sia stato possibile concepire tutto questo, in così pochi giorni di lavoro.

Maigret e Lognon a confronto.

La più marcata ed evidente di queste opposizioni è sicuramente quella rappresentata dal confronto tra il modus operandi del commissario Maigret e quello dell’ispettore Lognon.

Due modi diversi di affrontare l’inchiesta.

Lognon è il poliziotto metodico e testardo che si getta sulla pista e non la molla più. Agisce da solo senza condividere le informazioni con il resto della squadra. È convinto di dover continuamente dimostrare al mondo intero il proprio valore, ma, contemporaneamente, è altrettanto convinto che il mondo intero trami contro di lui per impedirglielo. In definitiva l’obiettivo della sua indagine è se stesso. La sua personale affermazione. Nessuna reale attenzione alla vittima. Per questo, alla fine, sbaglia. Da tutte le informazioni, che pure è stato capace di raccogliere, non ha saputo ricavare il quadro reale, perché non ha mai cercato di capire il vero protagonista della vicenda: la vittima.

C’è un altro aspetto nel rapporto di opposizione Maigret/Lognon. Un aspetto che porta ancora più lontano e svela, forse, la visione del mondo che, in Simenon, è alla radice del significato steso del personaggio Maigret.

Se andiamo ad osservare il meticoloso lavoro svolto dall’ispettore Lognon, anche al di là del suo scontroso carattere, vediamo che tutte o quasi le informazioni che l’ispettore riesce a raccogliere, operando da solo, il commissario Maigret le riceve nel suo ufficio da tutta una rete di collaboratori interni ed esterni. Non vi è alcuna informazione, raccolta da Lognon, che si riveli veramente indispensabile all’inchiesta.

Forse, di tutte, solo quella relativa alla festa di matrimonio al Roméo, che collega fra loro le due ragazze Louise (la vittima) e Jeanine (l’amica), contribuisce un po’ ad accelerare l’indagine. L’impressione è comunque quella che Maigret ci sarebbe arrivato in ogni caso prima o poi. Allora la lezione che Simenon ci comunica, non è forse quella dell’assoluta inutilità dell’azione del singolo nella complessità della società umana?

Maigret non è semplicemente l’investigatore piccolo borghese. Non è solo quello che non spara come Spade o che non deduce chissà quali tremende verità dalla cenere di una sigaretta come Holmes. Il commissario opera in maniera efficace perché è parte di un’organizzazione efficiente ed efficace.

Nel corso della vicenda il commissario solleva più volte la questione, arrivando addirittura a provare un senso di disagio e quasi di colpa, nei confronti di quel collega che da solo si aggira di notte per Parigi indifferente alla pioggia e alla stanchezza.

Maigret arriva, addirittura a sognare, una notte, di condurre una partita a scacchi in cui Lognon è il suo avversario. Nel sogno, Maigret, ha sulle sue spalle l’onore stesso del Quai des Orfevres e tutti tifano per lui. Lognon, tutto solo, chiede unicamente che non si bari.
Maigret e la giovane morta
Questo di Maigret e la giovane morta non è l’unico romanzo in cui il commissario sottolinea l’importanza decisiva di operare all’interno di un’organizzazione complessa e articolata come appunto è quella giudiziaria. Solo per citarne uno molto antecedente: La balera da due soldi. Uno dei romanzi d’esordio del personaggio di Maigret. Ma se si vuole andare oltre, basta pensare alle prime pagine del primo Maigret in assoluto: quel Pietr le Letton che si apre proprio su un Maigret intento a leggere un testo cifrato inviatogli addirittura dalla “Commissione Internazionale di Polizia Criminale”.

Identità e Personalità.

Altra fondamentale opposizione, l’abbiamo già citata, è quella: identità/personalità.

Quando la ragazza morta viene ritrovata, di lei non si sa nulla, ma all’apparenza sembra una prostituta o l’entraîneuse di un qualche locale notturno dei paraggi. Proprio su questo equivoco conta anche l’assassino. Maigret non si lascia ingannare. Non che capisca al volo la verità, ma non si accontenta di osservazioni scontate a priori. Vuole  capire e per capire deve arrivare a conoscere chi era veramente quella ragazza.

Subito il rapporto tra lui ed il corpo della ragazza distesa sul selciato valica i confini di un normale rapporto tra vittima di un delitto ed investigatore incaricato di risolverlo.

È il volto della giovane a colpirlo in modo particolare: fin da quando gli appare distesa sotto la pioggia nel suo abito azzurro da quattro soldi.

La giovane ha perduto una scarpa e quel suo piede nudo stabilisce un immediato contatto umano, tra il maturo funzionario di polizia e la morta poco più che adolescente. Un rapporto che non è quello normale tra uomo e donna, ma ricorda, piuttosto, quello tra un padre ed una figlia. Bellissima, a questo proposito, la resa che ne da Jean Richard nella sua interpretazione televisiva nell’omonimo episodio; uno sguardo che rende quasi palpabili i sentimenti provati da Maigret in quel momento.

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Jean Richard: interprete francese della più lunga e completa serie Maigret.

Poi l’indifferenza generale che stupisce il commissario. Anche dopo la pubblicazione della notizia dell’omicidio, con relativa foto della vittima, nessuna segnalazione in arrivo. Sembra che la vita di quella giovane donna non abbia lasciato alcun segno del suo passaggio.

Il commissario, sperando che qualcuno riconosca la giovane e si faccia vivo con delle informazioni, vuole offrire un’immagine di lei più realistica ai giornali. Si inventa l’idea di far realizzare un servizio fotografico utilizzando delle modelle di sembianze simili alla morta e facendo indossare loro i suoi abiti. Con un fotomontaggio, ricrea sembianze di vita là dove vita non c’è più, grazie all’abilità di truccatori e fotografi.

Il risultato? L’immagine di una ragazza nuovamente viva, ma solo nella finzione di una rappresentazione virtuale. Vestita come la gente era abituata a vederla e come appariva l’ultima sera della sua vita: con il vestito azzurro da entraîneuse. Maigret stesso e con lui i suoi ispettori, rimangono colpiti dall’effetto di quelle fotografie, che sembrano restituire la vita a chi ormai non l’ha più.

Intanto Lognon attraversa a piedi tutta Parigi sotto la pioggia, alla ricerca di testimonianze e riscontri. Fatti che colleghino ad altri fatti.

Se vogliamo, può apparire singolare il coinvolgimento emotivo di Maigret e persino di M.me Maigret nella vicenda. Lui e la moglie sembrano essere gli unici in tutta Parigi ad interessarsi veramente della sorte di quella ragazza, pur senza averla mai conosciuta. Simenon non si preoccupa di spiegare troppo. Lascia a noi di trarre le conclusioni.

Forse il solito rammarico del commissario che vorrebbe aggiustare i destini ed è condannato ad arrivare sempre troppo tardi? Oppure lui e la moglie vedono nella giovane una proiezione della figlia morta in tenera età? O, ancora, è lo stesso Simenon che proietta nel testo, più o meno consapevolmente, le proprie apprensioni di padre recente, di una bimba che quando egli scrive il romanzo ha quasi un anno?

Certo la giovanissima età della protagonista ha un significato particolare ed è il titolo stesso dell’opera a sottolinearlo. Così come non è casuale che l’unica testimone a farsi avanti, spontaneamente, sarà una servetta appena giunta in città dalla Normandia. Una ragazza quasi della stessa età della morta o poco meno.

Louise e Jeanine due donne differenti.

Eccoci all’opposizione principale Louise/Jeanine. Due giovani donne a confronto. Quando Louise è scappata di casa (perché si scoprirà che la giovane assassinata si chiama Louise), incontra in treno un’altra ragazza giovane quanto lei. Entrambe si lasciano alle spalle una famiglia ed un mondo con cui non vedono l’ora di rompere. Louise ha una madre un po’ matta, apatica e persa in una realtà fittizia fatto di puntate nei casinò di Nizza, e un padre delinquente che l’ha abbandonata in tenera età.

L’altra viene da Lione. Il padre è protettivo, ma proprio non sa gestirla quella figlia ambiziosa e caparbia. Le due ragazze si incontrano sul treno della notte che le conduce a Parigi e fanno amicizia.

Una ha un posto dove appoggiarsi, la sorella del padre, ha un po’ di denaro, obbiettivi precisi e la volontà ferrea di raggiungerli. L’altra fugge semplicemente. Nessuno cui rivolgersi, nessun obbiettivo concreto, niente denaro. Nessuna vera volontà se non quella disperata di rimanere a galla e un senso quasi rabbioso di rivalsa contro un mondo che lei non capisce e che non vuol capirla. Un carattere chiuso e tanto orgoglio: troppo e vano.

Per farlo, per restare a galla, non trova altro modo che aggrapparsi a quella sua nuova amica tanto sicura di se. Inizia così un rapporto sempre più difficile fra le due donne.

Man mano che Jeanine riesce a realizzare se stessa, in un modo che, agli occhi di Louise, appare facile e spregiudicato, Louise, al contrario, affonda sempre di più. Non trova lavoro o se lo trova lo perde rapidamente. Non lega con nessuno.

Se un datore di lavoro la corteggia o la molesta, reagisce in un solo modo: schiaffeggiandolo.

Quando non ha più denaro lo chiede all’amica. Se non ha un posto dove dormire si appoggia ancora all’amica. Quando, infine Jeanine l’abbandona, eccola sola, senza lavoro, seduta per ore su di una panchina ad attendere non si sa cosa.

Continua comunque a cercare l’amica, unico orizzonte oltre il quale non riesce ad andare. Appena la ritrova arriva al punto di presentarsi, inopportunamente, da lei, la sera stessa in cui questa è andata sposa ad un ricco commerciante italiano, realizzando il proprio obiettivo esistenziale.

Maigret tra passato e presente.

Il primo obiettivo dell’inchiesta di Maigret e dei suoi ispettori è quello di dare un’identità precisa al corpo ritrovato di notte in place Vintmille. Non è possibile pensare di individuare l’assassino senza prima conoscere chi è la vittima! Così il romanzo si snoda sul doppio binario di un tempo presente, quello dell’indagine, e di un tempo passato, che è quello dell’intera vita della ragazza uccisa.

Si tratta di un artificio letterario abbastanza comune, quando si vuole raccontare un’indagine per omicidio. La polizia procede per tappe successive, ognuna delle quali corrisponde ad un nuovo tassello che progressivamente compone il puzzle e, alla fine, mostra il quadro complessivo.

Georges Simenon utilizza questa tecnica narrativa in Maigret e la giovane morta, e, nel farlo, ci presenta una carrellata di testimoni che con le loro informazioni contribuiscono tutti a ricostruire, mano a mano, storia e personalità della vittima.

Ci sono un certo numero di testimoni maschili: tassisti, barman, camerieri. Tutti rimangono sullo sfondo. Non hanno un nome e un ruolo nella storia, tranne quello, appunto, di testimoni. Ci sono poi, nel romanzo, un numero impressionante di donne. Tutte ben delineate e descritte. Tutte, o quasi, hanno un nome e una storia. Le loro testimonianze si rivelano sempre importanti o addirittura determinanti per capire non solo i nudi fatti, ma la personalità della vittima.

La prima, una donna non più giovane e con un passato burrascoso alle spalle, tiene un negozietto dove vende o noleggia vestiti d’occasione. È una delle ultime persone ad aver visto viva la ragazza assassinata. È una donna vissuta, come si suol dire, senza più grandi illusioni sulla vita propria e degli altri. Per combattere la solitudine trattiene presso di se, ospitandole, ragazze più o meno raccolte per strada che, in cambio, le fanno da schiava per un certo tempo. Finché non si stancano e se ne vanno come sono venute.

Vengono poi una portinaia intrigante e un’anziana vedova borghese, che affitta una stanza del suo appartamento, a ragazze che cercano un punto d’appoggio a Parigi, di nascosto al proprietario e al fisco. Un po’ per arrotondare il bilancio, ma molto di più per avere una compagnia in casa. Lì, in casa sua, ha vissuto gli ultimi mesi della sua vita, Louise Laboine, la ragazza uccisa. Le due donne delineano il ritratto di una ragazza ben educata, ma chiusa e scontrosa.

In quello stesso stabile, un altra donna, la ragazza normanna che “ha paura del telefono” eppure ha chiamato Maigret mettendolo sulla giusta pista, racconta di una giovane sorridente, malinconica e sognatrice. Una che sembra un’attrice del cinema e trascorre solitarie mattinate sulla panchina di un giardinetto ad attendere chissà cosa.

Un’altra portinaia: bella e solare, questa volta. Nel suo stabile hanno vissuto insieme, per un certo tempo, le due amiche. Sarà lei a raccontare il progressivo deteriorarsi del rapporto tra le due ragazze. Lei racconterà, quasi con orgoglio, la crescita sociale di una di loro. Il suo rapido ambientarsi a Parigi, al quale ella ha contribuito con tanti consigli. La ragazza impara a muoversi, a vestirsi, a scegliersi gli uomini giusti. Fino al fidanzamento con il ricco italiano che la sistema in una stanza d’albergo e poi la sposa. Louise, al contrario, non impara nulla. Chiusa, diffidente e permalosa, timida e insicura.

Ancora altre donne: la zia che ospita per prima l’amica a Parigi e, senza saperlo, anche Louise, diciassettenne all’epoca, che vive nell’appartamento nascondendosi sotto il letto e rubando il cibo dalla dispensa. Una pescivendola di Nizza che ha conosciuto la ragazza da bambina, quando la piccola veniva mandata dalla madre ad acquistare da lei la merce a credito. E, finalmente, la madre di Louise, un ex cantante di varietà di nessuna fama, che ora si guadagna da vivere giocando ogni giorno al casinò piccole cifre, fino a quando riesce a raddoppiare la posta. Della figlia non sa più nulla da tre anni e non sembra che la cosa la turbi più di tanto. Nemmeno la notizia del suo assassinio.

Interno ed esterno.

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La pioggia: uno dei protagonisti di questo romanzo di Simenon.

Anche lo spazio, come il tempo, è raffigurato in forme opposte. Lo spazio esterno è quello della fragilità, dell’inutile ricerca, della debolezza di fronte al mondo. È nello spazio aperto di una piazza che il corpo della giovane viene ritrovato. È lavorando all’aperto che Louise si ammala e perde l’ultimo impiego. In mezzo ad una strada verrà uccisa ed è ancora all’aperto, per strada, che compie le disperate peregrinazioni notturne che la portano verso il suo destino; osservata da un tassista. Figura che dell’ambiente esterno metropolitano è quasi un simbolo.

I momenti interni, al contrario, sono quelli della relativa sicurezza, del rifugiarsi attento in una tana, perennemente sulla difensiva si, ma in qualche modo al sicuro. Proprio l’osservazione di uno spazio chiuso, ma insicuro, mette Maigret sulla giusta pista. Louise non sarebbe mai scesa nel sottoscala di quel bar malfamato.

Le colpe dei padri.

Unica figura maschile che si staglia sullo sfondo della narrazione è il padre di Louise. Un truffatore internazionale, abile nel raggirare facoltosi creduloni con l’inganno di una finta eredità da spartire. Ha ingannato tutti, anche la donna che gli ha dato una figlia e che sposa con un finto matrimonio in Turchia. Dopo poco abbandona moglie e figlia a Nizza e ritorna a girare il mondo nascondendosi sotto un lungo elenco di pseudonimi.

In realtà non si è mai dimenticato di moglie e figlia e, pur non tornando mai più da loro, ha sempre inviato denaro a quella sua famiglia improvvisata. Denaro che se n’è andato regolarmente sui tavoli da gioco di Nizza e dintorni.

In punto di morte si ricorda della figlia e vorrebbe lasciare a lei il frutto dei suoi anni d’avventura e malaffare. Incarica il suo complice di rintracciarla a Parigi (lui muore di malattia negli Stati Uniti). Questi viene in Francia cercando di contattare la ragazza. Ne nasce una situazione molto simile a quelle truffe che il padre di Louise ha organizzato per tutta la vita. Non un’opposizione, ma un autentico contrappasso! Questa volta l’eredità è vera, ma la ragazza non ne saprà mai nulla e, anzi, sarà all’origine della sua morte.

Le colpe dei padri ricadono sui figli? Vuole dirci questo Simenon? Forse si o magari no!

Una riflessione, non certo moralistica, sulla complessità del mondo, sui suoi valori esistenziali e sulla difficoltà di trovare un proprio spazio per chi non capisce o non accetta le regole del gioco?

Maigret, normalmente non fornisce una chiave di lettura delle vicende su cui ha appena indagato. Quando lo fa sono poche parole, piuttosto ermetiche, rivolte a se stesso o a M.me Maigret. In questo caso si dilunga un po’ di più.

Ragiona sull’assoluta casualità delle cose e arriva ad accostare la figura della giovane Louise a quella dello scorbutico ispettore Lognon. Due sconfitti da se stessi prima che dalla vita.

I romanzi Maigret visti da me!


Maigret e la giovane morta

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La giovane morta di Maigretultima modifica: 2021-09-20T17:26:09+02:00da albatros-331
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