Jean Gabin mito del cinema francese
Jean Gabin da monello di Parigi al cinema.
Nasce a Parigi, Jean Gabin, il futuro indimenticabile interprete di Maigret in ben tre pellicole cinematografiche e di tanti altri film che sono la storia del cinema francese.Nasce il 17 maggio del 1904 al n° 23 di boulevard Rochechouart, 9° arrondissement di Parigi.
Nasce con il nome di Jean-Alexis Moncorgé. Suo padre, Ferdinand Joseph Moncorgé, gestisce un caffè ed è un attore d’operetta con il nome d’arte di Ferdinand Gabin. La madre, Hélène Petit, è anch’essa un’artista del teatro di Varietà e canta nei café-concert.
Causa l’attività artistica dei genitori il giovane Jean trascorre l’infanzia in campagna, a Mériel nella Val-d’Oise (allora Seine-et-Oise), allevato dalla sorella maggiore Madeleine. Dalla grande finestra, sul retro della casa dei nonni materni dove abita, Jean vede la piccola stazione e le locomotive che manovrano.
Di questi anni gli resteranno: un grande amore per la vita agreste e il sogno di condurre, un giorno, una vera locomotiva.Gli studi li conduce, in ogni caso, a Parigi. Ottiene la licenza media alla scuola di rue de Clignancourt, poco distante dalla casa paterna, e si iscrive al Liceo Janson-de-Sailly.
Nel frattempo la madre Hélène muore, il 18 settembre 1918. Jean ha 14 anni e non ama particolarmente lo studio. Lascia la scuola ed inizia a lavorare. Sono molti gli impieghi che cambierà in pochi anni.
Prima lo vediamo impiegato alla Compagnie parisienne de distribution d’électricité, poco dopo è alla gare de la Chapelle come muratore poi, ancora, manovale in una fonderia, magazziniere presso un rivenditore di automobili, venditore di giornali.
A 17 anni vorrebbe diventare conduttore di locomotive a vapore, come il nonno materno. Questa è, però, un’ambizione che non potrà realizzare.Sarà il padre, nel 1922, a spingere
Jean Gabin, ormai diciottenne, verso il mondo dello spettacolo. Sfruttando la sua amicizia con Fréjol, direttore delle Folles-Bèrgere, riesce ad ottenere per il figlio i primi ingaggi come figurante.
Jean Gabin mito del cinema francese nasce come attore in teatro
Così Jean Gabin il giovane dai “meravigliosi occhi azzurri” inizia a muovere i primi passi, di quella che si rivelerà una carriera formidabile, sotto il benevolo sguardo del famoso comico e cantante di varietà Charles-Joseph Pasquier, in arte Bach, specializzato in ruoli di comique troupier (attore in costume da soldato, che recita battute o canta canzoni sulla vita militare).
Sono anni di gavetta, durante i quali, il giovane Gabin, è confinato in ruoli di figurante o, comunque, di secondo piano. Sarà un’esperienza che tornerà utile negli anni futuri, ma che al momento non sembra promettere nulla di più di una tranquilla carriera simile a quella del padre. Il servizio militare, svolto in marina a Cherbourg, interrompe brevemente questa sua attività fra il 1924 e il 1925.
Proprio all’inizio del ’25, durante una breve licenza, Jean Gabin sposa la sua prima moglie, Marie-Louise Basset detta Gaby, anche lei ballerina, cantante di rivista e futura attrice cinematografica. Il matrimonio durerà fino al 1929 e la coppia non avrà figli.
Nel 1926 Jean Gabin riprende l’attività di attore e cantante d’operetta. Lavora anche al fianco della famosa Mistinguett, in particolare, dopo la rottura di lei con Maurice Chevalier, suo compagno nella vita e nel lavoro. Con lei Gabin apparirà sui palcoscenici prestigiosi delle Folles-Bèrgere e del Bouffes-Parisiens.
Proprio sotto la guida di Albert Willemetz, leggendario direttore del Bouffes-Parisiens, dal 1929 al 1958, Jean Gabin otterrà un ruolo come attor-giovane, in operette di successo, come Flossie del 1929. Qui Jean Gabin si farà notare più per la breve relazione con la protagonista, la stella nascente dell’operetta Jacqueline Francell, che per il ruolo che gli viene riservato. Proprio questa sarà la causa del divorzio da Gaby Basset.
I due resteranno comunque legati da un tenero sentimento di amicizia e quando, dopo la guerra, Gaby sembrerà un po’ trascurata dall’ambiente del Cinema, Gabin, ormai consacrato a mito francese, non trascurerà di spendersi per inserire l’ex moglie in ruoli, anche secondari, in molti suoi film.
L’anno successivo, 1930, il Bouffes-Parisiens mette in scena Arsène Lupin banquier dove il nostro Jean inizia ad essere notato anche dalla critica ma, fra il dicembre del ’30 e il gennaio del ’31, nel nuovo allestimento Les Aventures du roi Pausole non vi sono ruoli per il nostro giovane attore e per lui sembrerebbe prospettarsi una carriera da artista di secondo piano, dignitosa, ma priva di reali prospettive.
Anche questo è, forse, alla base della sua scelta di indirizzarsi verso l’attività di attore cinematografico. Grandi cambiamenti, quindi, in quegli anni fra il ’29 e il’30. Per il giovane attore francese. il principale dei quali (oltre la rottura del matrimonio, si capisce) sarà l’inizio dell’avventura nel Cinema. Un’avventura che non terminerà più fino alla sua scomparsa.
Jean Gabin mito del cinema francese diventa attore cinematografico.
Proprio nella Parigi del 1930, mentre si pubblicano i primi racconti di Maigret, Jean Gabin inizia quella sua carriera cinematografica che lo vedrà protagonista di innumerevoli pellicole, destinate a segnare la storia del Cinema francese e del Cinema tout court.Una carriera che copre gli anni dal 1930 al 1976, che è anche l’anno della sua morte. Quarantasei anni di lavoro e di successi. Novantacinque pellicole realizzate, una trentina delle quali girate prima del secondo conflitto mondiale. Le statistiche riferiscono di 161 milioni di spettatori, solo per i suoi film girati nel dopoguerra.
In realtà il giovane Gabin, che abbiamo visto impegnato sui palcoscenici del varietà parigino, negli anni fra il 1922 e il 1930, inizia a cimentarsi con il cinema fin dal 1928, quando ancora calca, con incerta fortuna, i palcoscenici d’operetta e certo non pensa allora che diventerà uno dei più grandi attori francesi di tutti i tempi.
Si tratta di tre cortometraggi che egli gira al fianco del comico Raymond Dandy, realizzati, almeno due, da Michel du Lac: Ohé les valises, L’Héritage de Lilette e, il terzo, On demande un dompteur, del quale non è sicura l’attribuzione. Pellicole comiche di breve durata, girate al “muto” e sonorizzate in seguito con il sistema monofonico. Gli unici interpreti Jean Gabin e Raymond Dandy.
Del 1930 è, invece, il primo vero film girato da Gabin: Chacun sa chance. Si tratta di una commedia di produzione franco/tedesca diretta da Hans Steinhoff e René Pujol.
La storia è una commedia degli equivoci imperniata su di un commesso di negozio che si spaccia per barone per conquistare la donna amata, interpretata qui proprio dalla novella ex moglie di Gabin, Gaby Basset. Un intreccio che ricorda vagamente “Il signor Max” che Mario Camerini girerà, in Italia, nel 1937 con un giovanissimo Vittorio De Sica.
Jean Gabin, da attor giovane a mito.
La lunga stagione cinematografica di Jean Gabin può essere suddivisa in quattro “periodi” abbastanza ben definiti.
Il primo, chiamiamolo l’esordio, inizia appunto nel 1930 con il citato Chacun sa chance e comprende i film realizzati fino al 1934.In questi 4 anni l’attore francese gira ben 16 pellicole, con 16 registi diversi e interpretando i personaggi più svariati. Dal bandito al poliziotto, dal corridore automobilistico all’ingegnere e poi il soldato di cavalleria, il capitano di marina, il muratore e altri ancora.
Un titolo su tutti, Zouzou, mostra bene il livello di successo cui il giovane Gabin è arrivato già nel 1934; in soli quattro anni di carriera.
Un’altra stella emergente sta spopolando letteralmente la Parigi di quegli anni: Josephine Baker. La venere nera.
La nuova protagonista delle notti parigine. Impossibile che il cinema non tenti di sfruttare la sua eccezionale popolarità ed infatti la splendida creola girerà alcune pellicole anche se con scarso successo. Evidentemente ammirarla mentre balla mezza nuda in teatro è una cosa, costruire intorno al personaggio di una negretta storie in cui il pubblico dell’epoca possa immedesimarsi, è un’altra.
Ad ogni modo l’esperimento viene tentato e, dopo un paio di filmetti nel ’27 e nel ’28, arriva, nel 1934, un vero film: Zouzou, girato da Marc Allégret e con protagonista maschile proprio il nostro Jean Gabin. Il 1934 è anche l’anno della svolta, per Gabin, l’anno del suo incontro con il regista Julien Duvivier. L’anno che segna l’avvio del “mito” Jean Gabin; secondo e fertilissimo periodo della sua carriera di artista, che si concluderà con lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Jean Gabin diventa un mito del cinema francese.
La svolta che trasforma Jean Gabin in un autentico “mito” del cinema francese avviene, come abbiamo anticipato, nel 1934. Fino a quella data l’attore ha girato 15 pellicole, con altrettanti registi ed interpretando i ruoli più disparati.
Nel 1934 Jean Gabin parteciperà alla realizzazione di due produzioni: Zouzou, dove recita al fianco di Joséphine Baker, e Maria Chapdelaine con Madeleine Renaud, per la regia di Julien Duvivier. In realtà il primo ad essere girato è Maria Chapdelaine, nel giugno del ’34 in Canada.
Jean Gabin, fino a quel momento, è certamente un attore molto richiesto, ma non si può ancora affermare che sia un interprete famoso. Pochi dei film da lui interpretati, fino a quel momento, rappresentano qualcosa di più di una dignitosa pellicola. Nessun successo eclatante. Poche le opere destinate a restare negli annali del Cinema.
L’incontro con il regista Julien Duvivier una svolta decisiva.
Julien Duvivier ha alle spalle una storia professionale già consistente: una ventina di film “muti” negli anni ’20 e, dal 1930, ha iniziato a farsi notare realizzando le sue prime pellicole “sonore”. Il suo primo film “parlato” è David Golder del 1930, che si rivela subito un successo.
Duvivier è un poeta del cinema, un poeta pessimista e disincantato.
Quando incontra Jean Gabin, nei primi mesi del ’34, intuisce subito le potenzialità espressive di quel giovane attore e lo vuole con lui in Canada per realizzare appunto Maria Chapdelaine, storia drammatica di una giovane donna canadese desiderata da tre uomini diversi, archetipi di tre differenti scelte di vita.
Tratto da un famoso romanzo dello scrittore franco-canadese Louis Hémon. Il film viene girato in Canada, in condizioni non facili proprio per le avversità del clima di quelle terre. Fra il regista e il suo interprete si instaura qualcosa di più di un semplice rapporto professionale; nasce una solida amicizia che porterà a collaborazioni artistiche straordinarie.
Al ritorno dal Canada Jean Gabin si ritrova sul set di Zouzou con l’irresistibile Joséphine al fianco e a dicembre del 1934 entrambi i film saranno nelle sale francesi. L’anno successivo Jean Gabin gira Variétés, un film sull’ambiente del Circo, realizzato da Nicolas Farkas, nel quale interpreta un trapezista, ma quando Duvivier gira, pochi mesi dopo, Golgotha, un film drammatico sulla vita di Gesù, dal suo arrivo a Gerusalemme alla resurrezione dopo la crocifissione, il regista vuole Jean Gabin nel ruolo di Ponzio Pilato e la pellicola resterà una delle pochissime in cui l’attore recita in “costume”.
Su questo film le critiche non sono del tutto positive. Almeno per come la storia di Gesù viene presentata. La figura del redentore resta in secondo piano, rispetto alla situazione politica, e ad essere oggetto di indagine sono più i motivi che portarono alla sua crocifissione, piuttosto che le riflessioni sulla fede e gli aspetti religiosi della vicenda. Dal punto di vista tecnico il film è notevole. Girato in esterni in Algeria avvalendosi di 20.000 comparse per realizzare scene di massa di indubbia qualità. Eccellenti le riprese. Alcuni definiscono “improbabile” il Ponzio Pilato interpretato da Jean Gabin, altri lo giudicano da “non perdere”. Difficile dare un giudizio, almeno per me che critico cinematografico non sono.
Nel mio piccolo, io, non definirei assolutamente improbabile l’interpretazione di Jean Gabin e chi la definisce tale, forse, non riesce a liberarsi dall’immagine consacrata al mito che l’attore assumerà di lì a poco e che lo accompagnerà per il resto della carriera, oppure, pretenderebbe di vederlo interprete di dilanianti conflitti interiori propri di un’altra epoca e non certo di quella in cui la pellicola venne realizzata. Ad onor del vero, sembra che lo stesso Gabin non ci si vedesse proprio in quella parte e che l’abbia accettata solo per l’amicizia che, ormai, lo legava al regista Duvivier.
Forse Golgotha non avrebbe cambiato la vita di Gabin, ma il 20 settembre del 1935 esce nelle sale francesi La Bandera, terzo film girato dall’attore con la regia di Duvivier.
La storia, tratta dall’omonimo romanzo di Pierre Mac Orlan, è quella di un assassino che per evitare l’arresto fugge in Spagna e, rimasto senza mezzi di sussistenza, decide di arruolarsi nella Legione Straniera spagnola, passa in Marocco e lì muore combattendo i ribelli maghrebini.
Una storia di amicizia virile che inaugura la serie di quei personaggi che faranno la fortuna e il mito di Jean Gabin. Avventurieri o ribelli romantici che inseguono un sogno per loro impossibile e sono, inesorabilmente, sconfitti dal destino. Girato in Marocco anche grazie all’interessamento del Governatore militare dell’epoca, quello stesso Generale Francisco Franco che, l’anno successivo, si porrà a capo del “Pronunciamento” che darà l’avvio alla Guerra Civile spagnola, il film si rivela un successo e consacra Jean Gabin come astro nascente del nuovo cinema francese.
Dopo La Bandera girato nel ’35 Jean Gabin gira, fra il 1936 e il 1939, altri 10 pellicole; alcune di queste sono destinate a rimanere negli annali del Cinema internazionale come capolavori di assoluto valore. Simboli stessi di un’epoca irripetibile e di un livello espressivo che il Cinema francese faticherà, in seguito, ad eguagliare.
I magnifici La Belle Équipe e Pépé le Moko ancora con Duvivier, Les Bas-Fonds, La Grande Illusion e La Bête humaine, con la regia di Jean Renoir, Le Quai des brumes e Le jour se lève, girati da Marcel Carné. A queste leggendarie pellicole vanno aggiunti i meno noti: Le Messager di Raymond Rouleau, l’ottimo Gueule d’amour di Jean Grémillon e Le Récif de corail di Maurice Gleize.
Sono gli anni del “Réalisme Poétique“, del suo inesorabile pessimismo sociale che si accompagna alla volontà di riscatto di chi a quel destino è incatenato. Sono gli anni dello straordinario incontro fra un ristretto gruppo di registi, Renoir, Carné, Grémillon, Duvivier e un altrettanto ristretto gruppo di eccezionali scenografi e dialoghisti: Prévert, Aurenche, Jeanson, Spaak. Sono anche gli anni di un nuovo cinema sonoro che scopre la necessità di sale cinematografiche specifiche e quella, altrettanto impellente, di riempirle con un pubblico sempre più vasto e popolare.
In questo contesto Jean Gabin si rivela l’interprete perfetto del nuovo eroe popolare anarchico e romantico, onesto, ma sconfitto in partenza dal destino.
Di lì a poco la guerra arriverà a scompaginare tutto e, dopo essa, il mondo, anche quello del Cinema sarà diverso. Ci sarà ancora un posto per il grande Jean, ma sarà completamente diverso. Sarà la terza fase della sua vita artistica, quella che potremmo definire come: gli anni del “Grande Patriarca.
Jean Gabin e gli anni della guerra.
Con l’armistizio del 1941 e la resa della Francia, inizia per Jean Gabin un esilio negli Stati Uniti. Naturalmente arriva ad Hollywood, la mecca del cinema. Lì ritrova l’amico Duvivier, ma anche altri come Jean Renoir e Charles Boyer.
Nell’aprile del 1943 Jean Gabin rompe il suo contratto con la Fox e si arruola nell’esercito gollista per partecipare alla liberazione della Francia dai tedeschi.
Arruolato nelle Forze Navali della Francia libera è assegnato alla petroliera Elorn con il grado di capo-pezzo. Giunto a Casablanca dopo una difficile traversata è, successivamente, inquadrato come Capo carro nel 2° Reggimento corazzato dei Fucilieri di Marina.
Jean Gabin il ritorno dopo la guerra.

Non è così facile, per l’attore francese ritrovare il successo di un tempo.
Come abbiamo già detto, nel 1947 Gabin rompe con la Dietrich e, due anni dopo, il 28 marzo 1949, sposa Christiane Fournier detta Dominique, una indossatrice della Maison Lanvin conosciuta solo due mesi prima. La donna ha già un figlio e ne darà altri tre a Gabin, Florance, Valérie e Mathias.
Per Gabin è solo il primo di ben dieci film tratti dalle opere di Simenon, fra cui tre Maigret.
La verité su Bebé Donge del 1952, regia di Henri Decoin
Le sang à la tête del 1956, di Gilles Granger
Simenon e Gabin avranno anche un ottimo rapporto personale e l’attore resta a tutt’oggi l’interprete del maggior numero di personaggi tratti dai romanzi dello scrittore belga.
La sua carriera continua così di successo in successo, fino al trionfo internazionale di Les Misérables diretto da Jean-Paul Le Chanois nel 1958. Un trionfo da circa 10 milioni di spettatori solo in Francia.
Jean Gabin gli ultmi vent’anni.
Nuove istanze politiche, poetiche e tecniche prevalgono nel nuovo cinema francese e trovano subito i favori del nuovo pubblico giovanile che vogliono rappresentare.
Dal 1960 al 1976 Jean Gabin gira ancora ben 26 pellicole.
Molte delle quali con registi di assoluto rispetto come Henri Verneuil, Pierre Granier-Deferre, Michel Audiard, José Giovanni e molti altri.
Di lui scriverà Jacques Prévert:
“…è sempre lo stesso è sempre uguale, sempre Gabin sempre qualcuno.”
Leggendario il suo amore per la campagna (in questo simile a Maigret) e il suo tentativo di realizzare in Normandia un allevamento di bovini e cavalli da corsa nella tenuta che acquista nel 1952: La Pichonnière, situata nel comune di Bonnefoi in Normandia.
Nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1962 settecento agricoltori locali circondano la sua tenuta per protestare con il concentramento delle terre e pretendendo che vengano affittati alcuni appezzamenti a degli agricoltori in difficoltà. Evidentemente vogliono sfruttare la popolarità del personaggio Gabin per dare rilevanza nazionale alla loro protesta.
Jean Gabin muore, il mito resta.
“Noi, gli attori, non ci seppelliscono più di notte, come un tempo. Ma è perché, ora, con il nostro funerale, stiamo ancora battendo il palco! Anche morti, ci viene chiesto di recitare un’ultima scena davanti ai fotografi, alla TV e alla folla che urla “Bis”! Io, non mi presterò, per questo spettacolo, e non farò un ultimo giro, senza essere pagato di più! “.
“Come si addice ad un vero marinaio”.
“Una piccola bara di legno cerato proteggeva l’urna funeraria. Il Détroyat andò verso il largo, dirigendosi a ovest. A 15 miglia di distanza, nell’Iroise, a sud del faro e della Chaussée des Pierres-Noires, la nave si arrestò e si volse in modo da avere la poppa di fronte all’oceano”.
“Lino Ventura e Jean-Claude Brialy erano assenti perché trattenuti all’estero, solo Alain Delon, Gilles Grangier (uno dei registi preferiti Gabin, ndr) e Odette Ventura, la moglie di Lino, erano presenti con noi. Al momento della partenza da Brest, dove il tempo era chiaro, un albatros ha sorvolato la nave seguendola fino in mare aperto. Poi il cielo si oscurò improvvisamente. Sono avanzata tra due ali di ufficiali e, ad un segnale del fischietto, ho lanciato in mare il mio mazzo di viole, i fiori preferiti da mio padre dietro quella piccola urna ridicola. Poi arrivò un colpo di vento, forte e denso, e l’albatros scomparve per non tornare mai più. Pochi istanti dopo, il sole riapparve. La scomparsa di Gabin è stata l’immagine della sua vita e della sua carriera: forte e impressionante. Da quel giorno mi é rimasta una strana impressione: come d’essere stata amputata d’un braccio “.
Quitte à avoir un père, autant qu’il s’appelle Gabin
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