Il Femminicidio nei romanzi Maigret

donna bionda di spalle seduta e pensierosa

Maigret e il femminicidio: l’attualità della narrazione simenoniana.

Maigret e il femminicidio.

Il Femminicidio nei romanzi Maigret, un titolo che vuole sottolineare quanto, un grande scrittore come Georges Simenon, attraverso la propria opera letteraria, sia riuscito ad interpretare, passioni e sentimenti annidati nel profondo dell’animo umano. Passioni e sentimenti dai quali possono derivare comportamenti anche aberranti e che nella nostra attuale società di massa (di cui Simenon colse in anticipo molti aspetti) possono trasformarsi in autentici e preoccupanti fenomeni di cui è necessario comprendere le dinamiche e le motivazioni profonde.

Il Femminicidio è proprio uno dei fenomeni del nostro tempo, fra i più drammatici sicuramente, su cui l’opera simenoniana nel suo insieme può aiutare a sviluppare un’analisi utile, non certo alla soluzione, ma almeno ad un avvio di comprensione fuori dagli schemi, a mio avviso, almeno in parte fuorvianti, offerti dai media e dalla politica e che sembrano dominare l’orizzonte della discussione in merito al problema.

Fondamentale la sostanziale atemporalità in cui Simenon inquadra le vicende narrate. Così come l’indagine costante, compiuta dall’autore, sull’uomo nudo: sui sentimenti e le passioni che hanno animato e continuano ad animare il cuore di uomini e donne in ogni tempo.

Perché se attorno a lui il mondo cambia, l’uomo rimane sostanzialmente lo stesso. Ma i cambiamenti che lo coinvolgono possono contribuire ad amplificare il meglio o il peggio presente in ognuno di noi.

Atemporalità e ricerca delle ragioni costanti e profonde alla base dell’agire umano: aspetti del lavoro creativo di Simenon che contribuiscono in modo fondamentale alla costante attualità delle sue narrazioni e offrono, a noi, l’opportunità di cogliere attraverso le sue pagine agganci al presente, utili ad analisi anche complesse su fenomeni dell’oggi che spesso vengono letti, interpretati e proposti, attraverso la lente deformante di una visione fortemente condizionata da convinzioni socio-politiche di corto respiro.

Femminicidio: dalla letteratura un sostegno culturale.

Lo scrittore e giornalista Georges Simenon ha dedicato più di un romanzo all’argomento che stiamo trattando e lo ha fatto in un epoca in cui ancora agli albori era il cammino di emancipazione sociale della donna europea.

Un’epoca in cui il problema del rapporto tra i sessi non aveva certo raggiunto i livelli di conflittualità che alcuni benpensanti contemporanei vorrebbero convincerci abbia attualmente.

Negli anni in cui hanno visto la luce romanzi come: Lettera al mio giudiceBettyLa camera Azzurra, la preminenza sociale maschile iniziava ad essere messa in discussione, ma rimaneva “protetta” da tutto un insieme di leggi, convenzioni e situazioni sociali. Ed anche in nazioni come la Francia dove il divorzio era già previsto da tempo, la posizione maschile rimaneva predominante all’interno del contesto sociale.

Basti pensare all’esiguo numero di donne che godeva allora di una effettiva autonomia economica ottenuta attraverso il lavoro. Basti pensare a leggi come quella sul “delitto d’onore” abolita in Italia solo nel 1981. Basti, ancora, pensare al generale biasimo sociale che spesso accompagnava, almeno fino agli anno ’70 del secolo scorso, certi atteggiamenti femminili ritenuti troppo indipendenti dalle convenzioni sociali.

La grande letteratura in generale e l’opera di Simenon in particolare, ci offrono un punto di osservazione privilegiato che consente di cogliere le ragioni profonde della violenza che può esplodere all’interno del rapporto affettivo tra un uomo e una donna. Violenza che si manifesta a livelli diversi e può addirittura sfociare nell’omicidio.

La cosa interessante è notare come le motivazioni alla base dell’omicidio e la figura delle vittime fossero, allora, essenzialmente le stesse di oggi.

I moventi più comuni: gelosia malsana, interesse economico, volontà di liberarsi da un rapporto vissuto ormai come un impedimento.

Le vittime: mogli, amanti, fidanzate, compagne più o meno occasionali.

Verrebbe da dire che “nulla cambia sotto il sole”, ma sarebbe eccessiva semplificazione.

Il Femminicidio nei romanzi Maigret

Anche nella saga dedicata al commissario Maigret possiamo vedere come, su un insieme di settantacinque romanzi in cui sono rappresentati almeno un centinaio di omicidi differenti, in circa una ventina abbondante di essi la vittima sia una donna.

A partire da quel Cavallante della Providence pubblicato nel 1932, fino Maigret e l’uomo solo del 1971; rispettivamente il secondo ed il terzultimo dei romanzi della saga maigrettiana.

Non si tratta sempre di delitti riconducibili alla tipologia oggi definita con il termine Femminicidio. Nella maggioranza dei casi si tratta di delitti che pur avendo donne come vittime sono stati compiuti per rapina, per vendetta, per interessi economici o, addirittura, per errore. Pochi i cosiddetti omicidi passionali propriamente detti o quelli maturati all’interno di una coppia.

Pochi, ma emblematici perché ancora una volta propongono uno schema perfettamente aderente alla realtà di ieri e di oggi: l’omicida è un uomo legato sentimentalmente alla sua vittima e agisce per gelosia, per rancore o per interesse.

Senza voler scendere qui nel dettaglio dei singoli casi, lavoro che lasciamo con pacere al lettore interessato, quello che preme sottolineare in questa sede è che, nella maggioranza dei casi immaginati dallo scrittore belga, i moventi e le modalità degli omicidi, che hanno donne come vittime, rientrino a pieno nella casistica ancora oggi rilevabile nei casi reali che la cronaca quasi quotidiana è costretta a proporci.

Delitti passionali, motivati cioè da un sentimento di gelosia, reale o presunta, e dall’impulso di dominare la vita intera della compagna e delitti per scopi d’interesse, motivati cioè dalla volontà, da parte dell’omicida, di difendere o garantirsi un lucro o comunque un risultato vantaggioso anche non necessariamente economico.

Femminicido: una parola che non piacerebbe a Maigret!

Uno dei fondamentali insegnamenti che lo scrittore Georges Simenon ci comunica attraverso la sua intera opera è l’importanza di comprendere senza giudicare. Comprendere le persone, i loro atteggiamenti, le motivazioni alla base delle loro scelte. Comprendere che non significa mai tollerare o giustificare. Comprendere per capire e quindi sapere. Non lasciarsi condizionare.

Quella tensione a comprendere è uno dei grandi crucci che perseguitano in continuazione il commissario Maigret e che lo spingono ad entrare, quasi fisicamente, nei panni delle vittime e dei colpevoli o presunti tali.

Quella volontà di comprendere e far comprendere, che spinge Maigret a diffidare anche della Giustizia amministrata nei tribunali, dove gli inevitabili schemi tecnici ed operativi rendono arduo, se non impossibile, andare aldilà dei meri fatti per vedere, dietro di essi, l’autentica personalità di chi li ha compiuti.

Comprendere o accontentarsi di riunire dati e ricavare statistiche. Dati e statistiche che non possono che fotografare parzialmente la verità e che spesso restituiscono immagini fuorvianti.

Tanto fuorvianti da non permettere di porre a fuoco la realtà di fatti che, nel loro insieme, rappresentano di certo un fenomeno, ma un fenomeno le cui ragioni sono essenzialmente diverse da quelle che, per miopia o malafede, si vogliono presentare come tali.

Femminicidio e uxoricidio due parole molto differenti.

È un dato di fatto che negli ultimi venticinque anni il numero di donne rimaste vittime di un assassinio sia aumentato, in rapporto alla totalità degli omicidi commessi, in modo così drammatico da rappresentare un autentico e preoccupante fenomeno cui è necessario trovare una spiegazione ed un argine.

Il reato di omicidio è complessivamente diminuito di molto in Italia, negli stessi anni, ma ad essere aumentata in modo sensibile è la percentuale di vittime di sesso femminile.

Ad essere diminuiti sono soprattutto i delitti dovuti alla criminalità organizzata e mentre si osserva che le vittime maschili, nella stragrande maggioranza dei casi, cadono sotto i colpi di individui con cui in precedenza non avevano mai avuto rapporti, per le donne il carnefice è in larga misura il compagno di vita.

Rapporto ISTAT 2017.

Il fenomeno del Femminicidio deve essere dunque contrastato con ogni mezzo adeguato, ma per farlo deve essere innanzi tutto compreso. Come ogni altro fenomeno sociale del resto.

È mia personale convinzione che l’approccio proposto a livello culturale, politico e mediatico non sia affatto adeguato ad una reale comprensione del problema, perché viziato fin dal principio da un atteggiamento mentale orientato, da fini ideologici, a convergere l’attenzione dell’opinione pubblica su una sorta di “guerra dei sessi” che in realtà non esiste.

L’Accademia dell Crusca definisce con il termine Femminicidio:

“Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”

Si tratta di una definizione fortemente politicizzata, che rimanda immediatamente ad una presunta necessità di rieducare l’atteggiamento culturale maschile nei confronti della donna, evocando scenari sociali sicuramente riscontrabili in culture extra europee, ma che nulla hanno a che vedere con l’attuale recrudescenza dei delitti che vedono come vittime le donne o, almeno, con la stragrande maggioranza di essi.

Illuminante ci appare in questo senso un articolo a firma Ferdinando Camon, apparso su Avvenire nel 2013. L’autore illustra bene dove si nasconde l’equivoco di fondo sulla questione e sottolinea, altrettanto bene, come proprio il termine “femminicidio” risulti fuorviante ed inadatto ad una reale identificazione del “significato” di cui il termine dovrebbe essere, al contrario, l’esatto significante.

Scopo, questo, che le parole non dovrebbero mai dimenticare di avere, pena l’impossibilità di cogliere la sostanza delle cose significate attraverso i termini che le esprimono.

“Fatta la legge sul «femminicidio», la parola «femminicidio”»diventerà stabile e ufficiale, d’ora in poi indicherà per tutti, su tutti i media, la violenza di coppia. Ma è – questo voglio dire – una parola sbagliata. Perché con questa parola pare che si tratti di «uomini che odiano le donne», di un odio di genere, maschi contro femmine. Non è così. Questi violenti che picchiano, feriscono, minacciano, perseguitano o uccidono, non odiano le donne in generale, ma in particolare le donne con cui vivono o hanno vissuto, che sono le loro mogli o conviventi, da cui hanno avuto dei figli. Hanno una relazione stretta con queste donne, una relazione che le rende importanti e uniche nella loro vita. E adesso odiano proprio questa importanza, questa unicità. Vorrebbero distruggerla. Per distruggerla, distruggono chi la incarna. Non perché è una donna, ma perché è «quella» donna, la donna che segna la loro vita. Una volta si chiamava uxor, e dava il nome a questo tipo di delitto. Oggi ha diversi altri nomi, compagna, partner, amica, ma quando scattano questi crimini è pur sempre vittima dello stesso rovesciamento che l’uomo imprime alla relazione: dall’amore all’odio.” -leggi l’articolo completo di Avvenire-

 

È del tutto evidente come la radice del fenomeno sia da ricercarsi in questo passaggio dall’amore all’odio da parte dell’uomo che condivide o ha condiviso fino a quel momento la vita con la donna che poi ucciderà. Lo fotografa bene il rapporto ISTAT già citato:

“La relazione tra l’autore e la vittima permette di cogliere meglio le differenze esistenti tra gli omicidi compiuti a danno degli uomini e delle donne. Si tratta, infatti, di due fenomeni strutturalmente diversi: le donne vengono uccise in ambito domestico da partner e familiari , gli uomini da sconosciuti negli spazi pubblici.
Delle 123 donne uccise nel 2017, l’80,5% è stata uccisa da una persona conosciuta. In particolare, nel 43,9% dei casi dal partner attuale o dal precedente (dal partner attuale 35,8%, corrispondente a 44 donne, dal partner precedente 8,1%, pari a 10 donne), nel 28,5% dei casi (35 donne) da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e nell’8,1% dei casi da un’altra persona che conosceva (amici, colleghi, etc.) (10 donne).
Anche negli anni precedenti, malgrado le oscillazioni annuali, la situazione non risulta particolarmente diversa.
Tra i partner, nel 2017, i mariti e gli ex mariti sono stati gli autori di più della metà degli omicidi, mentre i fidanzati e i conviventi (o ex-fidanzati ed ex conviventi) lo sono stati per il 48,1% dei casi, con una percentuale in crescita rispetto agli anni precedenti (era il 37% nel 2013, il 33% nel 2014, il 21,5% nel 2015 e il 30% nel 2016).”

Questi dati, pur nella freddezza dei numeri, consentono una prima essenziale considerazione riguardo alla sostanziale stabilità del numero di donne uccise negli anni, pur in presenza di un calo del numero degli omicidi complessivi in Italia. È ancora l’Istituto di Statistica a fornire questa prima analisi:

“Proprio per questa loro peculiarità di collegamento con la dimensione domestica, sugli omicidi delle donne non incidono le politiche intraprese nel settore della sicurezza e della lotta alla criminalità organizzata, che hanno invece favorito una forte contrazione degli omicidi degli uomini. Questi ultimi, infatti, occupano di più gli spazi sociali pubblici: nel 2017, nel 32,1% dei casi sono stati uccisi da una persona che non conoscevano (75 uomini) e per il 43,2% si tratta di omicidi senza un autore identificato (101 maschi). Al contrario, la quota di uomini uccisi da conoscenti è pari a solo il 24,8%, un terzo del corrispettivo valore delle donne: il 3,0% muore per mano di un partner attuale (7 uomini), dell’ex partner lo 0,4% (1 solo uomo), il 12,4% di un parente (29 uomini), il 9% di un conoscente (21 uomini).”

Anche in questo caso i freddi numeri suggeriscono spontaneamente almeno una domanda:

“Se la gelosia e il desiderio di possesso sono alla radice di molti omicidi commessi nell’ambito di un rapporto amoroso, sembrerebbe che le donne siano meno portate a farsi travolgere dagli effetti distruttivi di questa passione, che pure sicuramente provano anch’esse nei confronti del proprio partner.”

Può la letteratura fornire una chiave di interpretazione di questo aspetto del problema?

Maigret e il femminicidio.

Pochissimi, in Simenon i casi di Femminicidio riconducibili ad un autentico oddio verso il genere femminile. Probabilmente solo due: nel romanzo La trappola di Maigret dove abbiamo a che fare con un serial killer e nel romanzo Maigret si difende, dove un dentista sociopatico abusa di donne inconsapevoli sotto anestesia, arrivando a procurare la morte di molte di esse.

Si tratta di casi,questi, in cui la condizione psichica del colpevole è assai prossima alla malattia e, se nel primo romanzo, le donne uccise sono in realtà una proiezione delle due donne che condizionano la vita dell’omicida (la madre e la moglie), solo nel secondo caso, quello del dentista, si può arrivare a ravvisare un autentico sentimento di odio per il genere femminile in quanto tale, dovuto all’inadeguatezza del medico a stringere rapporti affettivi e sessualmente appaganti con donne consenzienti.

Più comuni i casi di omicidio al femminile compiuti esclusivamente per interesse economico e dove la vittima è una donna, ma potrebbe essere tranquillamente un uomo. La chiromante del romanzo Firmato Picpus è solo una testimone scomoda che deve essere soppressa per evitare complicazioni ai suoi complici, essere un uomo non l’avrebbe salvata.

Lo stesso vale per l’ex prostituta protagonista de I sotterranei del Majestic, per l’arzilla vecchietta di La pazza di Maigret, o per la ragazza di Maigret e la giovane morta.

Accade che Maigret indaghi su uomini che uccidono la propria donna semplicemente per liberarsene. Vogliono rifarsi una vita con una nuova compagna, ma per motivi quasi sempre legati alla salvaguardia di un interesse economico o della propria posizione sociale, non trovano altra soluzione all’omicidio.

Sono casi che riempiono le pagine anche nella cronaca odierna e il medico famoso protagonista del romanzo Maigret si diverte ce ne offre un bell’esempio.

Sono, anche nella cronaca, casi spesso difficili da risolvere per gli investigatori, così come lo sono stati per Maigret. Sono, al contrario, casi molto semplici da comprendere nella loro dinamica psicologica. Da Caino in poi ci sono sempre stati degli assassini convinti di poterla fare franca e, temo, ci saranno eternamente o almeno fintanto che esisterà la razza umana.

L’omicidio passionale in Maigret.

E l’omicidio passionale? In realtà l’omicidio in genere è, per fortuna, un reato abbastanza raro: 0,59 casi ogni centomila abitanti nel 2017 in Italia. Meno male!

I dati del 2017 parlano di un totale di 357 omicidi commessi (erano 1916 i casi nel ’91). Di questi, sempre nel 2017, ben 123 hanno avuto come vittime delle donne. Nel 2014 si avevano cinque uomini uccisi per ogni donna, nel 2017 siamo a due vittime maschili per ogni donna assassinata.

Naturalmente non si tratta sempre di Femminicidio propriamente detto (nel senso indicato in precedenza) e neppure sempre di omicidi causati dalla gelosia. Nei primi nove mesi del 2018 sono state 94 le donne assassinate, ma solo in 32 casi si è potuto parlare propriamente di Femminicidio.

Non diversamente dalla realtà odierna vediamo come la gelosia rappresenti, nella serie dei romanzi Maigret, un movente potente, ma numericamente meno consistente.

Sono essenzialmente una decina i romanzi (se ricordo bene), dedicati al commissario parigino, che hanno il movente della gelosia o comunque un movente passionale come fattore determinante l’omicidio di una donna.

A mio avviso solo due di questi possono essere citati come autentico caso di omicidio passionale e sono i già citati Il Cavallante della Providence e Maigret e l’uomo solo. Due vicende dove il tradimento della donna segna anche il crollo di uomini che sul loro rapporto con lei avevano costruito tutto il proprio universo, sacrificando in un modo o in un altro la loro esistenza a quell’amore.

Messi di fronte al tradimento ed al crollo di ogni illusione uccidono, forse più per disperazione che per odio.

In altri romanzi i moventi sono più sfumati e gelosia e passione si confondono con la paura di perdere una posizione o comunque un ruolo, anche sociale, o semplicemente il rispetto di se stessi.

Sono casi frequenti anche oggi e vedono l’uomo crollare sotto il peso di un dramma che non è rappresentato dalla fine del rapporto in se stesso, quanto dalle conseguenze che questa fine comporta.

Soprattutto in presenza di figli, l’uomo rischia di uscire da una separazione senza famiglia, senza denaro e senza una casa. E quello che egli stesso, forse in buona fede, scambia per gelosia è semplicemente rabbia e disperazione.

Nei romanzi Maigret a Vichy e Maigret al Picratt’s, per altro molto diversi fra loro gli eventi narrati, non è la gelosia il movente, ma è la rabbia per essere stato ingannato, ad armare la volontà dell’omicida.

In altri due romanzi, Maigret esita e Maigret si sbaglia, il movente è sicuramente la gelosia, ma escono dal cliché abituale del Femminicidio in quanto, se la vittima è una donna, lo è anche l’assassino.

In un terzo romanzo, poi, (Le vacanze di Maigret) il marito geloso uccide, ma la vittima non è la sua donna. Le vittime sono l’amante di lei e due pericolose testimoni.

Alcuni omicidi sono premeditati, altri sono frutto di un improvviso raptus incontrollabile. Passioni comunque prepotenti che sono insite nell’animo degli uomini e che non sempre si possono prevedere e, soprattutto, non è possibile educare a non provare o a saper sempre gestire al meglio. Non sarebbero passioni!

L’uomo vive di emozioni e passioni. Non si potrebbe immaginare la nostra vita senza di esse. Non possono in alcun modo essere una scusante ad un comportamento violento o addirittura delittuoso, ma non possiamo pensare di reprimerle, di comprimerle o di addomesticarle per legge.

L’unica soluzione è cercare di cogliere per tempo, quando è possibile, quei segni di “cedimento” che possono essere indicativi di uno stato d’animo prossimo alla crisi distruttiva. Ma è arduo. Molto arduo.

Particolarmente difficile in una società fluida e disgregata come la nostra attuale, dove i rapporti autentici di comunità sono sempre meno solidi o del tutto inesistenti. Ognuno di noi rimane così sempre più solo di fronte al proprio dramma, interiore ed esteriore, e ci si può ritrovare da un momento all’altro nel ruolo di vittima o di colpevole, senza che il mondo attorno quasi se ne accorga.

Per ultimo voglio citare un romanzo in cui compare un caso d’omicidio che rappresenta, a mio avviso, un autentico esempio di Femminicidio: Maigret dal Coroner.

Superficialità, totale mancanza di rispetto per la donna, assenza di senso della responsabilità. Ecco i moventi di un omicidio stupido, volgare e totalmente indegno di un essere umano. Maschio o femmina che sia.

Purtroppo casi simili a quello narrato in questo “romanzo americano” di Simenon, accadono ancora anche nella realtà.

Vita e inchieste del Commissario Maigret.


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Il Femminicidio nei romanzi Maigretultima modifica: 2019-01-13T18:55:53+01:00da albatros-331
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