Gérard Depardieu e Jean Becker dietro Le persiane verdi.

Gérard Depardieu interpreta Le persiane verdi di Simenon.

Gérard Depardieu interpreta Le persiane verdi di Simenon.

Gérard Depardieu interpreta Le persiane verdi di Simenon.

Il nuovo film di Jean Becker tratto da un romanzo di Georges Simenon.

Gérard Depardieu torna sul grande schermo in un film del regista ottantaquattrenne Jean Becker, tratto da un romanzo di Georges Simenon molto noto anche in Italia: Le persiane verdi.

Jean Becker è un regista non nuovo ad adattamenti cinematografici di opere letterarie, ma non aveva mai affrontato, in precedenza, un’opera dello scrittore Georges Simenon.

Gérard Depardieu si è cimentato di recente con un altro personaggio di Simenon: il commissario Maigret.

L’ultimo “mostro sacro” del cinema francese ha interpretato il ruolo del commissario con pipa e bombetta in un film di Patrice Leconte andato in sala sempre in questo 2022 e tratto dal romanzo, del 1954, Maigret et la jeune morte.

Il nuovo film di Jean Becker è uscito nelle sale francesi il 24 agosto ed è atteso in Italia il 15 settembre.

L’accoglienza della critica francese non sembra essere troppo positiva riguardo a quest’ultima fatica di Becker, definita “sans suspense ni mobile”: senza tensione ne movente.

Gérard Depardieu è giudicato in maniera alquanto positiva, ma il film nel suo complesso, a detta del critico di Le Monde Jacques Mandelbaum, si regge esclusivamente sulla presenza del grande mattatore francese, che, a sua volta, esce penalizzato da questa esperienza.

Tiepida accoglienza in Francia al film di Becker Le persiane verdi.

Di seguito la traduzione dell’articolo apparso su Le Monde il 25 agosto. La traduzione è opera mia e non è certo delle migliori.

Inserisco un link al testo originale, avvisando però che per leggerlo interamente potrebbe essere necessario sottoscrivere un abbonamento al prestigioso quotidiano francese.

“Le persiane verdi”: Gérard Depardieu al momento al momento del grande viaggio.

Tratto da un romanzo di Simenon, il film di Jean Becker racconta, senza suspense né movente, la morte di un mostro sacro del palcoscenico, che soccombe ai suoi eccessi.

Da quanto tempo Gérard Depardieu prepara al cinema la sua morte? Da lunga data, senza dubbio, dato il carattere tempestoso, beffardo della morte e autodistruttivo, della galleria di personaggi magnifici che lascia in eredità al cinema francese.

Tuttavia, la domanda si pone da quando l’attore, colpito nelle sue stesse carni dall’ombra minacciosa della grande livellatrice, nel corso degli anni 2000, vittima  dell’età e della malattia, sembra aver iniziato a misurarsi con essa.

Cantante al crepuscolo in Quand j’étais chanteur, di Xavier Giannoli, 2006; médium tra due mondi in Le Grand Soir, di Benoît Delépine e Gustave Kervern, 2012 e in Un beau soleil intérieur, di Claire Denis, 2017; operaio impegnato nella ricerca dei suoi punti pensione in Mammuth, di Delépine e Kervern, 2010; dittatore finito in Le Divan de Staline, di Fanny Ardant, 2017; poliziotto a fine carriera nell’ultimo Maigret, di Patrice Leconte, 2022… gli esempi abbondano.

Questa propensione a misurarsi con l’abisso si spiega anche con la tentazione, per gli stessi registi di fronte alle vicissitudini della vecchiaia, di trovare in Gérard Depardieu il più regale degli alter ego.

Ed è così, seguendo una naturale inclinazione dell’industria cinematografica, che ci troviamo oggi di fronte a Le persiane verdi di Jean Becker. Ed è, dopo l’adattamento di Patrice Leconte, ancora Simenon. Ma nell’adattamento insolito di un romanzo del 1950, che racconta, senza suspense né movente, la morte di un mostro sacro del palcoscenico, che soccombe ai suoi eccessi oltre che alla sua profonda incomprensione delle ragioni della propria vita.

Finale amaro e toccante.

Depardieu qui incarna Jules Maugin, un personaggio fuori dal comune cui la sceneggiatura – l’ultima scritta da Jean-Loup Dabadie prima di morire (effettivamente) nel 2020 – non concede subito molto tempo da vivere vista la malattia cardiaca di cui soffre e la gravità del livello di alcol nel sangue.

È alla fine, amara e commovente allo stesso tempo, di questa vita grandiosa che è dedicata la storia. L’amore (Fanny Ardant) strappato all’eroe che lo lascia per sempre inconsolabile. Il vecchio amico (Benoît Poelvoorde) che deve essere l’unico a capirlo e a sopportare le sue scappatelle, così come il suo fedele costumista (Anouk Grinberg). La giovane donna (Stéfi Celma) che egli sposa senza crederci davvero, quando sente di essere prossimo ad andarsene.

Ambientato, piuttosto vagamente, negli anni ’70, notevolmente addolcito rispetto all’amarezza del romanzo, il film vuole essere insieme un’affermazione sulla vanità della gloria e, in modo più generale, su qualsiasi destino nell’ora del grande partenza.

Tuttavia è così poco dettagliato, così lontano dalla realtà, e così ovviamente legato alla performance, ma anche alla presunta intimità del suo attore principale, che si comincia a pensare che il film si sarebbe senza dubbio sbriciolato senza la presenza di Gérard Depardieu. In questo modo né il film né l’attore escono vittoriosi da questa sfida mortale.

Jean Becker fra cinema, televisione e pubblicità.

Jean Becker è indubbiamente un buon artigiano, non privo di una sua visione poetica. Forse il lavoro in televisione non lo avrebbe contaminato più di tanto se non vi fossero stati quei vent’anni (fine anni ’60, primi anni ’80) dedicati quasi esclusivamente alla pubblicità.

Sarebbe facile dire che gli manca il tocco magico del padre Jacques Becker, ma quelli erano altri anni e un altro cinema.

Oggi è difficile realizzare pellicole di quel livello perché il linguaggio del cinema è cambiato. Personaggi e storie devono avere per forza una tesi da sostenere. Una tesi universale universalmente accettata ed accettabile. Proprio per questo, personaggi e storie, perdono inevitabilmente di profondità e di universalità.

I personaggi restano quello che sono e non rappresentano altro che se stessi. Le storie si fanno piccole piccole, esattamente nella misura in cui pretendono di essere universali.

Nessun giudizio definitivo, ovviamente, fino a dopo il 15 settembre, ma non è possibile aspettarsi più di tanto dal cinema contemporaneo. In Francia come in Italia e altrove.


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Gérard Depardieu e Jean Becker dietro Le persiane verdi.ultima modifica: 2022-08-26T11:00:13+02:00da albatros-331
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