Au Lapin Agile con Simenon.
Au Lapin Agile con Simenon.
Quando lo scrittore belga vi si trasferisce la capitale francese è, da almeno un secolo, il punto di riferimento culturale dell’intera Europa. La vera novità è che dalla metà circa dell’800 non sono più solo le Corti ad ispirarsi alla moda e alla cultura francese adottandone perfino la lingua. Nuovi protagonisti si affacciano alla ribalta della Storia e inevitabilmente guardano alla Ville Lumière.
La nuova borghesia industriale e finanziaria europea divenuta protagonista con la seconda rivoluzione industriale è ora in cerca di una sua specifica identità non solo economica, ma soprattutto culturale. Allo stesso modo le classi lavoratrici operaie e in generale tutti coloro che per scelta o mancanza di opportunità si ritrovano tagliati fuori dai cambiamenti epocali che si stanno verificando, cercano un posto e un ruolo nel mondo nuovo che si affaccia.
È questo che io definisco: generazione Simenon. Quell’ambiente culturale parigino, che si forma ben prima che Simenon giunga a Parigi, in cui la figura di Simenon deve essere necessariamente inserita. Perché, pur nella ovvia unicità di ogni scrittore degno di questo nome, Simenon è anche il frutto di un’epoca e di un ambiente. Quello culturale parigino degli anni trenta.
Quella che sta per nascere è la “società di massa” di cui ancora oggi facciamo parte e della quale stiamo attraversando un’ulteriore crisi di trasformazione. Un nuovo formidabile motore è stato concepito dall’umanità. Il suo nome è Tecnologia. Sotto la sua poderosa spinta la società umana occidentale si plasma e si trasforma in qualcosa di completamente nuovo. Nel giro di una manciata di anni nascono concetti sconosciuti fino a quel momento. Capitalismo, socialismo, personalità, psicoanalisi. Nuovi materiali vengono scoperti, nuove macchine costruite. Nasce la chimica moderna, mentre metallurgia e medicina iniziano ad uscire dall’ambito ancora poco più che alchemico in cui erano confinate da secoli.
Questa serie di cambiamenti praticamente ininterrotti porta miglioramenti e criticità. Idee e concetti immutabili da secoli o addirittura da millenni vengono messi in discussione dal nuovo che avanza. La circolazione delle idee diviene sempre più rapida e quando nel 1886 Otto Mergenthaler inventa la Linotype, una nuova macchina che automatizza ulteriormente la stampa, non vi sono più limiti alla diffusione di libri, giornali e riviste.
In questo immenso pandemonio tutto cambia tranne il ruolo centrale di Parigi come crogiolo di idee e movimenti artistici e culturali. Le idee possono nascere a Roma o Berlino, Londra, Mosca o New York, ma è a Parigi che devono arrivare per evolvere e maturare. A Parigi trovano il medium giusto per trasformarsi e trasformare arte e società. Ed è a Parigi che gli uomini devono vivere se vogliono essere al centro di quelle trasformazioni.
Per cento anni circa, dalla metà dell’ottocento alla metà del novecento, cambiamenti avvengono ovunque nel mondo, ma è nella Ville Lumière che vengono letti ed interpretati. Si può quasi affermare che ad ogni angolo di strada nascano di continuo nuovi movimenti artistici, culturali, politici. Chiunque abbia un’idea e la voglia di difenderla fonda un giornale o una rivista. Strumenti che sono a loro volta espressione di un circolo culturale, di un movimento di idee, di una scuola di pensiero, di un partito politico.
Au Lapin Agile: Montmartre cuore di Parigi.
I giornali, che si moltiplicano in modo esponenziale, hanno bisogno di articoli sempre nuovi ogni giorno. Hanno bisogno di giornalisti. Gente che scriva a getto continuo e che scriva almeno decentemente. Se poi scrive bene è meglio. Il giornalismo diviene in breve il trampolino di lancio di moltissime carriere politiche e letterarie. Se trovare seguaci per un movimento o pubblicare con successo un libro può essere difficile, accedere alla redazione di un giornale diventa relativamente semplice.
Moltissimi degli autori più rappresentativi emersi all’attenzione del pubblico fra la fine dell’ottocento e i primi trent’anni del novecento, almeno in Francia, vengono dal giornalismo. Quasi tutti si conoscono e hanno attraversato un periodo di formazione, certe volte molto difficile, durante il quale hanno frequentato gli stessi quartieri e gli stessi locali. Di quei quartieri il più famoso è Montmartre. Di quei locali dove ferve la vita sociale e culturale della città e dell’intera Europa, il più particolare è certamente le Lapin Agile!
Au Lapin Agile: Scrittori, poeti, musica e donne.
Scrittori, poeti, musica e donne. Questa potrebbe essere, in estrema sintesi, la descrizione di una qualsiasi serata trascorsa in cima alla Butte Montmartre: un soir au Lapin Agile! Il locale esiste ancora e, fatta eccezione per la luce elettrica e un po’ più di pulizia, non è diverso da come doveva apparire agli occhi di un giovanotto straniero, arrivato da poco a Parigi, pieno di ambizioni letterarie. Il giovanotto in questione è Georges Simenon, il futuro creatore del commissario Maigret. La notte è una notte qualsiasi dell’ultima decade di marzo e l’anno il 1923. Simenon è a Parigi dal 12 dicembre dell’anno prima. Nemmeno quattro mesi. Ha trovato una sistemazione nella capitale francese perché è lì che intende vivere da ora in poi. Sente che solo lì potrà avere quelle opportunità che gli consentiranno di realizzare il suo sogno: diventare uno scrittore famoso ( e magari ricco).
Simenon a Parigi: una stanza, un lavoro e un matrimonio.
Ha promesso alla fidanzata, Régine Renchon che lui chiama Tigy, rimasta ad attenderlo a Liegi, che tornerà per sposarla e portarla a Parigi appena organizzati lavoro ed alloggio. Certo la situazione non è semplice, ma dopo quattro mesi soltanto, Simenon, è già in procinto di ripartire per il Belgio e convolare a giuste nozze. Il giovane non patisce la fame come tanti artisti bohemiennes che hanno reso famosa Montmartre, ma tira a campare lavorando come factotum presso la Ligue des chefs de section, un’organizzazione nazionalista di ex combattenti. Può comunque definirsi un giornalista visto che suoi mordaci articoli vengono quasi ogni mese pubblicati su una rivista cattolica oltranzista di Bruxelless: la Revue Sincère di Léon Debatty e Joseph-Marie Jadot.
Tutto a Parigi lo incuriosisce e lo affascina. La gente, le strade e soprattutto i locali dove ferve la vita e le persone si incontrano. Certo frequentare i locali costa denaro ed è proprio questo l’unico limite per il nostro giovane che ad ogni buon conto non si perde d’animo. I cabaret di Montmartre come il Moulin Rouge o Le Chat Noir hanno ancora, a quel tempo, prezzi abbordabili, ma dovendo ridurre i costi senza finire nelle sordide bettole della rue de Lappe, rimane solo una strada: quella che conduce fino alla piccola rue de Saules, sulla Butte, ed a quel tempio della canzone popolare francese che era ed è Le Lapin Agile.
Simenon: notti da scapolo au Lapin Agile.
Forse Simenon inizia a frequentare il cabaret di rue des Saules per passare a buon mercato le sue serate da scapolo, forse per la possibilità che quel luogo offre di fare incontri tutt’altro che banali. Ammassata sulle lunghe panche in legno della vecchia sala, tra quadri di Picasso e Utrillo e vecchie fotografie di artisti e banditi, si muove a fatica, si esalta, canta e si diverte una variopinta folla di illustri sconosciuti come lui, ma anche di famosi giornalisti, scrittori, poeti ed artisti. Il mondo che il giovane aspirante scrittore sente come suo ed a cui vuole appartenere. Quella particolare serata di marzo finisce, ce lo racconta lo stesso Simenon, tra le lenzuola di una camera d’albergo in compagnia di due focose ragazze olandesi. Un addio al celibato degno di Simenon.
Au Lapin Agile: storia e leggenda.
Au Lapin Agile! Una piccola casetta in cima alla Butte, residuo di un tempo in cui Montmartre era ancora un paesino e le sue vie poco più che viottoli di campagna. Una storia lunga quella del Lapin Agile. Il locale, all’epoca di Simenon, non è certo più quello che nel 1886 si chiamava “A ma Champagne” ed era noto come “Cabaret des Assassins”. Frequentato in prevalenza da una variopinta quanto inquietante folla di prostitute, papponi, ladri e ladruncoli, disoccupati e anarchici sfuggiti alle repressioni dopo l’avventura della Comune di Parigi.
Non è più nemmeno il Quai des brumes tramandatoci da Pierre Mac Orlan nell’omonimo romanzo. Artisti alla fame e pericolosi apaches non si contendono più i posti a sedere sulle lunghe panche in legno o al banco del locale, come accadeva nei primi anni del ‘900. I frequentatori abituali erano, allora, soprattutto pittori e scrittori, ancora sconosciuti o quasi, troppo poveri o troppo anarchici per frequentare perfino i cabaret della Bas Montmartre. Artisti che hanno deciso di rinnovare con le loro opere il concetto stesso di arte e nel frattempo fanno la fame.
Au Lapin Agile: da una panca di legno alla fama internazionale.
Nell’attesa di un riconoscimento che tarda ad arrivare, abitano quasi tutti anguste stanze a buon mercato sulle pendici della Butte e tengono il loro atelier, quelli che ce l’hanno, nei bui locali del Bateau-Lavoir; un edificio al 13 di place Émile-Goudeau, sempre a Montmartre, che ha visto nascere fra le sue mura i più moderni movimenti artistici del primo novecento.
Pittori come Picasso, Modigliani e Utrillo, chansonniers come Aristide Bruant, scrittori e poeti come Roland Dorgelès e Apollinaire, sono passati tutti sotto l’insegna del coniglio, disegnata nel 1875 dal caricaturista e pittore André Gill e che ha dato il nuovo nome al locale ( lapin à Gill diventa presto Lapin Agile).
Assidui quanto squattrinati frequentatori sono anche gli scrittori Pierre Mac Orlan (il futuro interprete di quell’estetica dell’inquietudine sociale che caratterizza quei tempi), il poeta e scrittore Francis Carco (con gli amici della Scuola Fantasista che rompe sia con la poesia parnassiana che con quella simbolista), André Salmon (poeta e critico d’arte), Charles Dullin (attore e regista) che au Lapin Agile muove i primi passi.
Molti di loro sono destinati a divenire ricchi e famosi mentre altri lo sono già come Toulouse-Lotrec e lo scrittore Courteline, ma nel 1910 se ne stanno tutti Au Lapin Agile, radunati attorno a Frederick Gerard, il grande vecchio con la lunga barba bianca detto Père Frédé, che gestisce il locale, cantando ballate sentimentali e suonando chitarra o violoncello.
Au Lapin Agile e l’uomo dalla lunga barba.
L’uomo che ha l’aspetto selvatico di un trappeur canadese ha portato con se una scimmia, un cane, un corvo, un topo bianco e l’asinello Lolo. Non è raro che un colpo di pistola echeggi nella notte, magari diretto proprio contro il locale da cui la malavita più truce è stata allontanata con decisione da Père Frédé (uno dei suoi figli venne abbattuto proprio dietro il locale). Si beve assenzio e Pernod, si canta e, a notte fonda, chi non ha un letto sicuro sa che nessuno lo caccerà dalla dura panca in legno dove finisce per addormentarsi. Un piatto di minestra, poi, non si nega mai a nessuno. In mancanza di soldi basta una canzone, una tela o una poesia che forse un giorno varranno qualcosa.
Au Lapin Agile prima e dopo la Grande Guerra: spartiacque fra due epoche.
Sono gli anni eroici del Lapin Agile. Quelli immortalati da Utrillo e Picasso nelle loro tele e da Mac Orlan nel suo romanzo Les Quai des brumes o da Francis Carco nel suo Scènes de la vie de Montmartre. Ma la Grande Guerra è passata come un uragano ed un mondo intero è scomparso e non solo a Parigi, ma in tutta Europa. Negli anni di quel dopoguerra, quelli di Simenon appunto, il locale è diventato un punto di riferimento per un pubblico più vasto.
Ora a gestirlo è Paul Gérard, il figlio superstite di Frédé cresciuto fra i tavoli del Cabaret. Ancora si esibiscono cantanti e poeti noti o sconosciuti. Ancora si beve e si canta, ma si tratta, almeno in parte, di un altro tipo di umanità. Tornano saltuariamente i clienti storici che ora hanno fatto fortuna e vengono a cercare in quel luogo il sapore della loro giovinezza. Può ancora capitare di incrociare Pierre Mac Orlan che di papà Frédé ha sposato la figliastra Marguerite Luc detta Margot.
Magari ti ritrovi faccia a faccia con Francis Carco che racconta dei tempi d’oro quando trascinava Colette nelle bettole più malfamate di Montmartre ad ammirare gli apaches che danzavano la Jiava con le loro donne. André Salmon passa ancora ogni tanto rimpiangendo i tempi andati. Ora si incontrano soprattutto turisti o provinciali giunti da poco nella capitale. Il locale inizia ad essere alla moda e non mancano gli americani innamorati dell’aria di Parigi. Ma se la serata è giusta e canta magari René Dorin puoi trovarci direttori di teatro e di giornali, politici in carriera e artisti famosi o in procinto di esserlo.
Di lì a poco Simenon ritroverà molti di loro nella redazione di Le Matin o in quella di Détective, il settimanale fondato nel 1928 da Gaston Gallimard, o di una delle centinaia di riviste e giornali che nascono a Parigi come funghi nel bosco. Simenon capisce o intuisce perfettamente che Parigi è il suo mondo e il suo destino. Di lì a due giorni parte per Liegi per sposare Tigy e portarla con se nella Ville Lumiere. La vita non sarà facile all’inizio, ma non vi è, per loro, altro luogo al mondo dove valga la pena di vivere. Almeno per il momento.
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