Faccia a faccia con Maigret

Maigret guarda in faccia la realtà.

Maigret e il metodo del faccia a faccia. (immagine di Adolfo Valente)

Maigret e il metodo del faccia a faccia. (immagine di Adolfo Valente)

Maigret e il metodo del dialogo.

Maigret, il commissario della omicidi parigina, creato dallo scrittore Georges Simenon nel 1929, è il protagonista di una serie di romanzi polizieschi, di grande valore ed originalità, conclusasi nel 1972, dopo ben 72 titoli. Personaggio, ancora oggi, amato ed apprezzato da una moltitudine di lettori, in Italia come in Francia e in larga parte del mondo.

Il successo immediato e duraturo di questo personaggio, ha offerto, a tanti di noi, l’occasione e lo stimolo ad indagarne i recessi più remoti, le motivazioni più oscure, i perché e i percome della sua genesi e della sua fortuna.

È un gioco innocente, ma affascinante, che scava i retroscena di un prodotto, definito semiletterario, ma che forse tanto semiletterario non è, visto l’interesse che suscita in tante parti del mondo, anche ad un livello di studio tutt’altro che marginale.

In poche occasioni, un autore è stato vivisezionato in profondità come Georges Simenon.

Parigi con Maigret, il blog che stai leggendo ora, si occupa di svariati argomenti, ma ha la sua ragione d’essere più profonda, proprio nell’attenzione costante e, magari, un tantino maniacale a questo personaggio straordinario ed al suo autore.

Maigret cambia le regole del poliziesco classico.

Piaccia o non piaccia, Maigret, cambia le regole del poliziesco classico, centrato su indizi e intuizione. Maigret indaga uomini ed ambienti in cui vivono gli uomini. Maigret scava nell’animo umano, non nei posacenere alla ricerca di prove.

Pierre Assouline, che di Simenon è stato attento biografo, definisce “realista” il poliziesco inaugurato da Simenon con i suoi Maigret.

André Thérive inscrive, quegli sessi romanzi firmati Georges Simenon, i primi in particolare, nel novero della nascente letteratura populista.

Addirittura, c’è chi sostiene, come lo scrittore Thomas Narcejac, che Simenon, poiché predilige la costruzione di un personaggio a quella di un intrigo, non abbia mai scritto un vero romanzo poliziesco in vita sua.

Georges Simenon lo ha voluto così, Il suo Maigret; forse per scelta, forse perché non poteva fare altrimenti. La letteratura di Simenon è tutta tesa ad indagare figure umane: non trame e situazioni.

I suoi romanzi polizieschi non fanno eccezione.

I romanzi Maigret sono dei romanzi polizieschi: è innegabile.

Se si guarda alla struttura narrativa, si ritrovano tutti i passaggi classici di un vero poliziesco. Anche se, in molti casi, l’autore sembra giocare con i canoni del poliziesco e prendersene bonariamente gioco, ma sostanzialmente li rispetta.

Contemporaneamente, Simenon, gioca il suo racconto su di un altro piano: quello dell’incontro/scontro dell’investigatore con l’indagato e con tutta una serie di altri personaggi, spesso marginali alla vicenda.

Esistono molti maestri del poliziesco e tutti meritano la dovuta attenzione e rispetto. Simenon si differenzia da tutti gli altri per un particolare approccio al genere, non sempre colto pienamente dai critici, che lo pone al margine del genere stesso: più vicino alla letteratura con la elle maiuscola che non al classico poliziesco, seppure di qualità.

Innumerevoli sono gli studi sulla sua produzione letteraria, molti dei quali di interesse notevole, hanno saputo, per fortuna, cogliere aspetti profondi del personaggio e del suo autore, arrivando ben più in profondità dei soliti cliché propinati a scadenze regolari da giornalisti poco attenti e pochissimo informati.

Questo post prende le mosse proprio dalla lettura di un di questi studi, trovato in rete, a firma di Dominique Meyer-Bolzinger della Université de Haute-Alsace.

Le face-à-face du commissaire Maigret – Rites et risques de l’enquête.

Il metodo Maigret è quello del dialogo.

Tanti, tantissimi, hanno profuso parole e inchiostro per definire il cosiddetto “metodo Maigret“.

Maigret entra nella pelle degli altri. Maigret assorbe l’ambiente circostante. Maigret si cala nell’atmosfera di un luogo. Maigret indaga l’uomo nudo.

Tutte cose, se vogliamo, verissime, ma che non sempre colgono il senso profondo del rapporto del commissario con l’indagine e gli indagati. Soprattutto non colgono con esattezza la sostanziale strumentalità dell’indagine poliziesca in Simenon.

L’intreccio poliziesco, con tutto il suo corollario di schemi fissi e precostituiti è, per Simenon, semplicemente un pretesto per presentare al lettore un personaggio specifico. Per questo i romanzi dello scrittore belga sono, alla fine, una ricchissima galleria di personaggi profondamente umani, e i romanzi della serie con Maigret non fanno eccezione.

Anzi! Proprio i romanzi della serie Maigret, che molti vorrebbero semiletteratura, e magari lo sono, grazie alla figura di questo Tiresia con pipa e bombetta, pongono in evidenza estrema, l’importanza che l’autore attribuisce all’incontro fra esseri umani ed alla conoscenza reciproca indispensabile alla comprensione dell’altro.

Maigret parla con gli altri. L’abbondanza di dialoghi nei romanzi della serie, dimostra chiaramente come la comunicazione sia alla base di ogni inchiesta del commissario.

Maigret conosce e quindi capisce.

Conoscere per capire. Questa regola di fondo spiega tutto Simenon.

Per conoscersi bisogna parlarsi.

L’uomo come massima complessità, la sua conoscenza come massima necessità. Concetti che in Simenon, coscienti o meno che siano, si manifestano fin da subito, nel momento in cui decide di presentarsi al pubblico con il suo nome e firmare le prime inchieste di Maigret.

Non è un caso se, proprio il primo Maigret, Pietr il lettone, si apre con un commissario intento a mandare a memoria un “ritratto parlato” del suo antagonista. Un ritratto preciso, ma esteriore, formulato in termini burocratici, che nulla dicono dell’uomo vero che, dietro quel ritratto, vive un’esistenza reale ed infinitamente più complessa.

Non è un caso se quello stesso romanzo si conclude con l’immagine di due uomini seminudi in una stanza d’albergo, seduti l’uno di fronte all’altro, in un ultimo, disperato e definitivo faccia a faccia.

Maigret faccia a faccia con gli altri.

Ogni essere umano è un singolare universo. Questo vuole dirci Simenon. Entrare in quell’universo è indispensabile per capire.

Maigret, l’aggiustatore di destini, è lo strumento attraverso cui lo scrittore entra nell’essenza del singolo individuo, conducendo noi lettori insieme a lui.

L’incontro, faccia a faccia, con i vari protagonisti delle tante indagini è, per Maigret, il vero strumento attraverso cui giungere alla soluzione dei casi. Soprattutto è lo strumento cui ricorre Simenon per costruire le sue trame.

Dal primo faccia a faccia con la vittima, a quello finale con il colpevole, passando per tutta una serie di faccia a faccia mancati, più o meno riusciti, sinceri o ingannevoli.

Non sono mai gli indizi materiali a guidare il commissario, ma una serie di “incontri” con persone in carne ed ossa che, volta per volta, lo conducono alla verità finale.

Nei romanzi che lo vedono protagonista, sono i risvolti umani e psicologici dei personaggi ad avere il sopravvento sulle dinamiche strettamente poliziesche dell’indagine.

Più in particolare sono i rapporti umani fra poliziotto, vittima ed indagato a strutturare la narrazione della vicenda.

Un poliziotto, diverso da tutti gli altri proprio per le sue caratteristiche di umanità e la sua capacità di comprensione.

Nei confronti dei colpevoli d’un delitto, che egli persegue implacabilmente, ma senza odio o pregiudizio, il commissario mostra un interesse che è più da terapeuta che da inquisitore.

Maigret affronta l’uomo, che ha rotto con il resto della società a causa del suo delitto, con un approccio molto simile a quello dello psicoterapeuta.

Per questo il colloquio faccia a faccia assume un ruolo così determinante nel suo modus operandi.

Il faccia a faccia come scelta narrativa, ma non solo.

Dominique Meyer-Bolzinger, nello studio citato in precedenza, pone l’accento sul faccia a faccia, nel Simenon dei Maigret, dal punto di vista, soprattutto, della struttura narrativa.

In particolare, l’attenzione della studiosa, si concentra sui Maigret del dopoguerra, ma, personalmente, ritengo che anche le opere precedenti offrano ottimi esempi di questa scelta narrativa, che ritengo non solamente strutturale.

Credo che tutta l’opera di Simenon sia caratterizzata dalla ricerca costante di una comunicazione efficace fra esseri umani.

Necessità e, contemporaneamente, estrema difficoltà di conseguire il traguardo di una vera comunicazione con gli altri.

Maigret osserva, ma il solo osservare non gli basta quando deve arrivare a cogliere una verità. Solo attraverso il dialogo può giungere a questa verità.

Quando il dialogo è falsato da un qualunque fattore esterno (la reticenza o la falsità dell’interlocutore, o, a volte, il disinteresse stesso del commissario), la comunicazione fallisce e Maigret può arrivare a commettere un errore.

La soluzione, immancabilmente, arriva solo quando il contatto, aperto e reciproco, faccia a faccia si ristabilisce.

Perché questo avvenga, è necessario che Maigret metta in campo quelle doti che lo caratterizzano e distinguono da ogni altro personaggio della letteratura poliziesca: empatia ed umanità.

Il famoso metodo Maigret è tutto racchiuso in queste due parole: empatia ed umanità.

Il necessario incontro faccia a faccia, altro non è che la premessa e la conseguenza della sua volontà di comprendere.

Una volontà di comprendere che il personaggio condivide con il suo autore:

“È terribile pensare che siamo tutti uomini, tutti destinati, chi più chi meno, a portare il nostro fardello sotto un cielo sconosciuto, e che non vogliamo fare il minimo sforzo per capirci a vicenda.” (Lettera al mio giudice)

In chiusura due parole di ringraziamento.

L’immagine scelta per rappresentare questo post è molto diversa e molto migliore dalle tante, pescate in rete, che normalmente mi capita di utilizzare.

Cercavo un’immagine che restituisse il significato di “faccia a faccia”, nel senso che intendevo attribuire a quelle parole, nel testo di questo post.

Ho avuto fortuna (potenza della Rete) e mi sono imbattuto nelle opere di un fotografo originario di Treviso, che non esiterei a definire artista, se il termine non fosse oggi così abusato da non essere del tutto certo di rendere giustizia al suo lavoro.

Sono quasi sicuro che, nelle intenzioni del suo autore, lo scatto avesse un altro significato, ma tant’è! Vi sono significati nell’occhio di chi crea e significati nell’occhio di chi guarda.

Il fotografo si chiama Adolfo Valente e, per chi ama la fotografia, una visita al suo sito è di sicuro interesse.

L’ho contattato e con grande sollecitudine e cortesia mi ha concesso l’utilizzo, senza alcuna condizione, dell’immagine che avevo scelto.

Mi è sembrato giusto ringraziarlo con queste poche righe, perché disponibilità e gentilezza meritano sempre un ringraziamento.

Un’intervista ad Adolfo Valente reperibile in rete.


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Faccia a faccia con Maigretultima modifica: 2022-09-20T11:00:17+02:00da albatros-331
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