Con Maigret la cronaca nera diventa romanzo

Simenon porta il poliziesco nella realtà quotidiana.

 

Con Maigret la cronaca nera diventa romanzo.

Con Maigret la cronaca nera diventa romanzo.

 

Georges Simenon testimone attento del nostro tempo.

Georges Simenon è stato uno scrittore geniale ed innovativo. Testimone di una società in grande fermento, è riuscito a cogliere uno degli aspetti più importanti del nostro tempo: l’angoscia dell’individuo di fronte a se stesso, in una società sempre più massificata.

 

Non ha certo creato il genere poliziesco, ma, con il suo Maigret ed alcuni altri romanzi riconducibili al genere (L’uomo di Londra per esempio), ne ha aumentato di molto la qualità e lo spessore.

Nei suoi romanzi neri, come nei Maigret, l’atto criminoso è quasi solo un pretesto per scavare nel profondo dell’animo dei protagonisti e, l’indagine di polizia, diviene un percorso dentro il non visibile e, spesso, il non dicibile dell’umana vicenda.

 

Un’umana vicenda che non è solo quella dei protagonisti della storia narrata, ma è anche quella di tutti noi. Il lettore lo percepisce, consciamente o meno, vi si riconosce e la sente come propria.

Sono romanzi in cui la vita di ognuno, anche quella del nostro Maigret, si dipana al limite di una semplicità che sconfina nel banale e, allo stesso tempo, di una complessità sulla soglia dell’insondabile.

 

Non solo e non tanto, quindi, un’indagine sul dramma interiore che, in casi limite, conduce l’essere umano al crimine. Piuttosto la scoperta del quotidiano affanno di tutti, uomini e donne, guidati da istinti, passioni, paure e pregiudizi, nell’ineludibile confronto e scontro tra la propria realtà esistenziale, la volontà o la velleità d’essere altro da se stessi, l’angoscia del futuro. Governati, tutti, dal timore di perdere il poco o il tanto che si è riusciti a conquistare.

Un poco e un tanto non declinabili necessariamente in termini materiali, ma anche in termini di prestigio, rispetto, sentimenti ed affetti.

Maigret e la verità più vera del vero.

In definitiva i romanzi di Simenon con protagonista il commissario con pipa e bombetta, hanno ben poco di finzione al loro interno.

Volendo ben guardare, quasi tutti i casi in cui il commissario Maigret è chiamato ad indagare, in 75 romanzi e 28 racconti, potrebbero essere degli autentici fatti di cronaca realmente accaduti.

Del resto se il crimine è pretesto per indagare la natura umana, è del tutto ovvio che si debba trattare di un crimine a misura della realtà. Tanto reale da risultare immediatamente credibile al lettore.

Questa è una delle principali differenze tra Simenon e tutti gli autori che, prima di lui, hanno affrontato il genere poliziesco.

Abbiamo scritto, in un precedente post, dello stretto rapporto tra l’opera di Simenon e la letteratura populista, ma è evidente che i romanzi dello scrittore belga vadano molto oltre questa dimensione.

Dobbiamo quindi immaginare uno scrittore che, aprendo il giornale ogni mattina, trova in esso spunto per la sua opera?

Credo proprio di no. Eppure la realtà è ovunque in quei romanzi! Sia quella quotidiana del vivere, che quella eccezionale del crimine.

Infatti, fatta eccezione per il romanzo La danseuse du Gai-Moulin dove si narra di un delitto maturato nel mondo dello spionaggio, ambiente di cui poco si racconta di vero e nulla si sa esattamente, tutti gli altri crimini di cui si occupa Maigret, nelle sue inchieste, potrebbero essere letti, ancora oggi, su un qualsiasi quotidiano o raccontati in televisione.

Maigret tra cronaca nera e ispirazione.

La realtà entra con tutta la sua forza nella narrazione di Simenon e scomponendosi nell’ispirazione iniziale, si arricchisce di tutti quegli elementi che costituiscono la storia originalissima ideata dallo scrittore. Storia che ha lo scopo di condurre il lettore molto oltre il fatto di cronaca puro e semplice.

Simenon, nei suoi polizieschi, presenta un crimine realistico, simile a quelli che ogni giorno i giornali illustrano ai loro lettori. Per farlo, spesso, inserisce collegamenti diretti o indiretti a fatti di cronaca realmente accaduti e che il pubblico del suo tempo poteva facilmente riconoscere.

È noto, per esempio, come nel romanzo Le pendu de Saint-Pholien l’autore prenda spunto da un doloroso ricordo della sua vita a Liegi, per poi ricavarne una storia completamente diversa. Ma non è l’unico caso e ve ne sono altri disseminati nelle pagine dei romanzi con Maigret.

Proprio per accentuare, nel lettore, questa perfetta identificazione con il reale, Simenon, getta, ogni tanto, nella pagina, un cenno alla realtà criminosa autentica: quella della cronaca nera.

Sono cenni lievi, che quasi sfuggono. Anzi, al lettore di oggi sfuggono senz’altro. Perché evocano fatti lontani, ormai, nel tempo ed ignoti ai più. Diverso doveva essere l’effetto sul pubblico, soprattutto francese, al momento in cui il libro veniva pubblicato.

Quei brevi accenni, quelle citazioni sornione ed ammiccanti, dovevano avere l’effetto di accentuare ancora di più il senso di partecipazione alla vicenda narrata. La sensazione di riconoscersi in essa.

Maigret, una banda di assassini ed un killer seriale.

Vi sono alcuni fatti di cronaca nera che entrano in maniera importante nella trama del romanzo.

Abbiamo citato il caso de Le pendu de Saint-Pholien, ma non è l’unico esempio di come Simenon sappia prendere spunto dalla realtà criminale per poi lavorarla come materia grezza e farne altro.

Ricordiamo tutti il romanzo Maigret et son mort. È un romanzo scritto nel 1947; uno dei primi realizzati durante il cosiddetto periodo americano dello scrittore: i dieci anni fra il 1945 e il 1955 in cui Simenon si trasferisce negli Stati Uniti.

In questa inchiesta il commissario Maigret si trova ad affrontare una banda di malfattori Cecoslovacchi che imperversa nelle campagne della Picardia. Massacrano e derubano vecchi contadini, dopo averli torturati per far loro confessare dove nascondono i risparmi.

Ebbene, non si tratta di un’invenzione letteraria. Un caso simile fu al centro dell’attenzione del pubblico francese negli anni tra il 1905 e il 1908. Una serie di atroci delitti compiuti dalla banda detta degli Chauffeurs de la Drôme. Un gruppo di feroci malviventi, autori di efferati delitti, a danno di coltivatori anziani ed isolati, a scopo di rapina.

I fatti reali non differiscono troppo da quanto narrato da Simenon nel suo romanzo. I luoghi sono diversi, ma non le vittime (contadini anziani e indifesi) ed il modus operandi è pressappoco lo stesso: violenze, torture ed omicidi. Nella realtà come nel romanzo i criminali non esitano ad eliminare i loro stessi complici, quando rappresentano una minaccia per la banda, e c’è una donna, dalla folta chioma nera, che nel romanzo è Maria e nella cronaca è Noémie Nirette detta “La Poule noire”.

Va detto, però, che i banditi autentici non sono stranieri, come nel romanzo, ma francesissimi.

Naturalmente Simenon non è minimamente interessato a raccontare le vicende di quella banda dei primi anni del ‘900: il suo intento è ben altro.

Se ne serve come pretesto per rendere la vicenda più vera del vero. Ben sapendo che, il lettore francese, ricorda certamente quei fatti, almeno per averne sentito parlare da genitori e nonni.

C’è un altro romanzo, della saga maigretiana, dove lo scrittore utilizza un fatto di cronaca come base per la sua trama. Questa volta il riferimento è molto meno diretto, ma ugualmente riconoscibile.

Maigret tra delitto e follia omicida.

Nel romanzo Maigret se défend, l’antagonista del nostro commissario, è un dentista che uccide le sue vittime con l’etere. In realtà l’intenzione del medico non è quella di uccidere, bensì di stordire le pazienti più avvenenti per abusare di loro. La morte di alcune di esse è accidentale, ma il dottore persevera nella sua azione perversa incurante del rischio di provocare altre morti.

Simenon scrive questo romanzo nell’estate del 1967. Vent’anni prima si concludeva sotto la ghigliottina, la terrificante vicenda criminale di un altro medico: Marcel Petiot.

Un personaggio in bilico fra malvagità e follia, responsabile della morte per avvelenamento di almeno una trentina di persone: forse molte di più.

Naturalmente non vi è nessun nesso diretto tra il personaggio reale e quello creato dallo scrittore belga nel suo romanzo. Due storie diversissime, ma collegate da alcuni particolari.

Diverso il movente (Petiot non uccideva per impulso sessuale, ma per denaro, o per sopprimere un testimone scomodo), diverso (molto diverso) il numero delle vittime. In comune tra i due killer solo la professione, medici entrambi, l’essere non del tutto sani di mente ed il fatto che i loro rispettivi domicili si trovino a poche centinaia di metri l’uno dall’altro.

Il personaggio di Simenon vive e lavora al 32 di rue des Acacias, Petiot lavorava al 21 di rue Le Sueur: sette minuti a piedi da un luogo all’altro. Non credo sia casuale.

Il dentista di Simenon gode di influenti protezioni, mentre, in proposito, nulla di preciso si sa di Petiot. Certo che l’incredibile impunità di cui ha goduto per gran parte della sua vita questo folle assassino, alcuni dubbi li lascia. Forse, ma è una mia illazione, Simenon si prende la briga di sollevare qualche dubbio in proposito, oppure, fa proprie opinioni diffuse fra la gente del tempo.

Tumulti di piazza, rapine e scandali finanziari.

Se i fatti di cronaca citati fino ad ora entrano in qualche modo nella trama con una certa consistenza, ve ne sono altri che compaiono nei romanzi pur non avendo altro ruolo che semplici citazioni.

Di una di queste citazioni abbiamo già dato conto il altro post. Si tratta di quella contenuta nel romanzo Les mémoires de Maigret. Un esplicito riferimento ai disordini organizzati, soprattutto, dai movimenti di estrema destra francesi nel febbraio 1936 a Parigi.

L’esercito, in quella giornata, sparò sulla folla e vi furono dei morti. Sono “i morti di febbraio” ricordati da Robert Brasillach nei versi scritti la notte prima della sua esecuzione, nel febbraio del 1945, in cui il poeta accomuna la propria sorte alla loro.

Molti anni prima, agli esordi della saga di Maigret, nel romanzo Le chien jaune, vi è un riferimento neanche troppo velato alle speculazioni edilizie che iniziavano proprio in quegli anni a Concarneau, nell’area, oggi diremmo, naturalistica di Les Sables Blancs.

Lo scrittore che aveva, probabilmente, amato Concarneau, più della gente che vi abitava, non esprime giudizi in merito, ma descrive i notabili del luogo come piccoli speculatori vigliacchi ed opportunisti ed il quadro generale esce da solo.

Facciamo un altro salto nel tempo e ritorniamo al periodo americano dello scrittore. Siamo nel 1948 e Simenon, per arricchire la “storia” del suo personaggio, ci riporta ai tempi in cui Maigret è un giovane segretario al commissariato di Saint-Georges nel IX arrondissement. Si tratta del romanzo: La première enquête de Maigret (1913).

Il giovane Maigret ha iniziato la sua carriera in polizia sotto lo sguardo vigile del commissario Xavier Guichard. Questi, con grande imparzialità e discrezione, si assicura che il suo pupillo accumuli il giusto livello di esperienza prima di entrare al Quai des Orfèvres e alla Polizia Giudiziaria.

Xavier Guichard è un personaggio reale, famosissimo nei primi anni del ‘900, autentica leggenda della polizia francese.

Sono ancora i tempi in cui gli  Apaches parigini imperversano tra i popolosi sobborghi di Parigi, ma sono anche i tempi delle rapine in banca compiute da una sanguinosa banda di anarchici e banditi: la famigerata Banda Bonnot

Nessun riferimento diretto alla vicenda di Bonnot e dei suoi complici, ma alcuni dettagli portano esattamente lì

Xavier Guichard sarà uno dei protagonisti della drammatica morte di Jules Bonnot e di alcuni suoi complici, ma non è tutto e il solo citare il suo nome, certo, non sarebbe sufficiente per creare un collegamento.

Ecco però che improvvisamente, nel romanzo, vediamo comparire dei personaggi non proprio edificanti e li vediamo circolare al volante di un’automobile dal nome evocativo ed altisonante: una Dion-Bouton.

Non è un caso! Si tratta della stessa automobile utilizzata proprio da Bonnot e i suoi complici per una delle primissime rapine in banca compiute con l’ausilio di un’autovettura. Una vera rivoluzione per l’epoca: era il 1911!

Loschi maneggi politici e finanziari.

Torniamo indietro di qualche anno e vediamo ora il romanzo Les caves du Majestic, scritto nel 1939. È una storia tragica, fatta di menzogna, ricatto e un duplice omicidio.

Uno dei personaggi coinvolti ha un passato da contabile presso la Banca Atoun. Nel sentir citare quella banca Maigret arriccia il naso. Ricorda perfettamente un caso poco chiaro in cui quell’istituto era stato coinvolto anni prima. 

Atoun è certo un nome di fantasia, ma, guarda caso, ricorda abbastanza da vicino quello del faccendiere Léopold Émile Aron, meglio noto come Émile Arton, personaggio coinvolto pesantemente, nel 1892, nel clamoroso scandalo del Canale di Panama.

Simenon mescola bene le carte: nessun riferimento diretto alla vicenda. Modifica il nome e conferisce al suo personaggio un’aria da levantino, mentre, nella realtà, si trattava di un ebreo alsaziano di origini tedesche: occidentale al cento per cento.

L’assonanza tra i nomi e certe frasi pronunciate da Maigret creano, però, riferimenti abbastanza espliciti a quella vecchia storia: almeno per chi la conosceva bene.

Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una chiara citazione di un fatto reale che il francese medio, ancora nel ‘44, quando il romanzo venne pubblicato, ricordava certamente.

Quel baule nel parco di Liegi.

In altri romanzi le citazioni arrivano ad essere tanto sottili da sfuggire quasi all’attenzione, ma sono convinto che servissero ottimamente al loro scopo: collegare realtà e fantasia in un unico mix assolutamente vincente.

Nel già citato La danseuse du Gai-Moulin vediamo il commissario in missione a Liegi, città natale di Simenon. A fornire l’ossatura alla trama del romanzo sono i ricordi della prima giovinezza vissuta dallo scrittore nella “città ardente”.

Due giovani un tantino scapestrati sono coinvolti, loro malgrado, nell’omicidio di uno straniero che, alla fine si rivelerà essere un agente segreto alle prime armi.

Il cadavere dell’uomo viene ritrovato dentro un baule di vimini presso un padiglione dell’Orto Botanico. Si tratta di una macchinazione orchestrata dallo stesso Maigret per portare allo scoperto gli assassini. Bella mossa, ma non troppo originale!

Con ben altri scopi, Michel Eyraud e Gabrielle Bompard, una coppia di diabolici amanti, fece più o meno la stessa cosa dopo aver assassinato tale Toussaint-Augustin Gouffé, a Parigi in rue Tronson-du-Coudray, VIII arrondissement.

Dopo aver strangolato la loro vittima i due, con l’intento di occultare il cadavere lo infilarono in un baule che spedirono a Lione per ferrovia. Recuperato il collo, affittarono una vettura e lo portarono con loro. Il baule venne abbandonato a Millery, a una ventina di chilometri da Lione, lungo una strada secondaria.

È il clamoroso caso detto della malle sanglante de Millery: il baule insanguinato di Millery.

Un caso che fece scalpore e del quale si continuò a parlare per anni, anche per gli importanti risvolti che ebbe nel campo delle indagini scientifiche criminali.

Poche parole per evocare un dramma efferato.

Per ultimo ho lasciato quello che ritengo il riferimento più sottile e, direi, quasi spiritoso che Simenon inserisce in un romanzo Maigret.

Per coglierne il significato bisogna tornare indietro di parecchi anni: precisamente al 20 settembre del 1869.

Siamo in località detta Chemin Vert presso Pantin poco fuori Parigi. Quella mattina un coltivatore del luogo giunge nel proprio campo per eseguire dei lavori e vi scopre ben sei cadaveri sommariamente sepolti. Sono quelli di una donna incinta di due mesi e dei suoi cinque figli, età compresa tra i 2 e i 16 anni. Tutti massacrati a colpi di roncola. Tempo dopo, in Alsazia, verranno recuperati i corpi del padre e di un altro figlio della coppia.

È uno dei più efferati delitti della storia criminale francese ed è conosciuto come: Il massacro di Pantin.

Bisogna sapere che le indagini per scoprire il responsabile di un delitto così efferato, non si orientarono subito nella giusta direzione. Decisiva risulterà la testimonianza del vetturino che condusse in carrozza le vittime ed il loro carnefice sul luogo del delitto.

Nella sua testimonianza l’uomo descrisse abbastanza bene il colpevole, precisando di averne notato il forte accento tedesco. Si trattava di Jean-Baptiste Troppmann, un giovane di soli 21 anni, originario di Brunstatt nella regione dell’Alto Reno in Alsazia.

Cosa centra Simenon in tutto questo? Abbastanza!

Nel romanzo L’amie de Madame Maigret, scritto nel dicembre del 1949, vi è un curioso passaggio. Gli ispettori di Maigret sono alla ricerca di informazioni su di una misteriosa donna che potrebbe essere collegata ad un crimine.

Testimone chiave un taxista che ha caricato in auto una donna ed un uomo: la donna risponde ai connotati della ricercata:

Era un uomo sanguigno e massiccio, sulla cinquantina, che probabilmente in gioventù aveva fatto il vetturino…«Com’era l’uomo che stava con lei?».

«Piccoletto, grassoccio e molto ben vestito…Non l’ho guardato bene. Era girato verso di lei e parlava in una lingua straniera».

«Che lingua?».

«Non ne ho idea. Io sono di Pantin e gli accenti non sono mai stati il mio forte».

Non è possibile che si tratti di un caso. Vero?

Anche perché c’è un altro dettaglio da tenere in considerazione.

Vittima del massacro di Pantin fu la famiglia Kinck praticamente al completo. Solo il figlio più piccolo sopravvisse perché venne lasciato in custodia ad un parente. Erano di origini alsaziane risiedenti a Roubaix.

La loro tragica fine scosse l’opinione pubblica e non poteva essere diversamente, non fosse altro per la tenera età di alcune delle vittime, ma si era nel 1869, alla vigilia della guerra con la Prussia.

Circolarono alcune voci secondo le quali Troppmann non poteva avere, da solo, assassinato ben sei persone senza essere né visto né sentito. Si parlò di complici e di un affare di spionaggio a favore dei tedeschi che vedeva coinvolti gli stessi Kinck.

Nel 1939 Simenon pubblica un romanzo molto potente, nel quale, in parte rielabora un soggetto già utilizzato in un Maigret del 1932, Chez les Flamands, derivato anche questo da ricordi di famiglia nella natia Liegi.

Nel nuovo romanzo il tema del pregiudizio assume toni ancora più drammatici che non nell’opera precedente e, guarda caso, il titolo è: Chez Krull.

Ancora un’assonanza. Casuale?

Io credo proprio di no!


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Con Maigret la cronaca nera diventa romanzoultima modifica: 2021-02-11T03:21:46+01:00da albatros-331
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