Assenzio la Fata Verde proibita

Assenzio la Fata Verde fra storia e leggenda.

Assenzio La Fata Verde: storia e leggenda

Assenzio La Fata Verde: storia e leggenda.

La Fata verde dell’assenzio e la sua Magia.

L’assenzio, la Fata verde, ha compiuto un lungo viaggio per arrivare fino a noi, ma ha conservato intatto il suo fascino e la sua magia.

Dalle valli incantate della Svizzera alla Parigi della Belle Époque. Da elisir di lunga vita a diabolica fata inebriante. Musa ispiratrice degli artisti, veleno che conduce alla follia. Ecco il viaggio dell’assenzio.

La storia dell’assenzio, nonostante il bando internazionale dai primi anni del ‘900, non si è mai veramente interrotta e, quasi intatta, è giunta fino a noi.

L’assenzio oggi è, di fatto, in libera vendita, ma per apprezzarlo veramente bisogna conoscerne la storia, il mito ed il “rito”.

L’assenzio non è solo un distillato: è cultura.

Questo post vuole raccontare un po’ della storia dell’assenzio, del suo mito e della sua realtà.

Del suo ieri, del suo oggi e del suo domani.

Il domani dell’assenzio, dipende soprattutto dalla volontà degli appassionati di difendere l’assenzio delle nuove imitazioni che già circolano e dai metodi di utilizzo indegni della storia di questo mito della distillazione.

Ecco! La prima regola in assoluto è già svelata: l’assenzio vero è sempre distillato!

Conoscere l’assenzio, saper scegliere l’assenzio vero, saper gustare l’assenzio come è giusto che sia!

Il mito dell’assenzio fra passato e presente.

L’assenzio è un mito e non un semplice distillato!

Assenzio: il liquore più proibito al mondo!

La Fata Verde che seduce e strega!

La colpa è di artisti e poeti! Poeti, scrittori, pittori, artisti in generale, nella Parigi di fine ‘800, hanno contribuito a fare dell’assenzio un mito pericoloso, ma affascinante.

Decisamente più affascinante che pericoloso, visto la quantità innumerevole di sostanze pericolose che circolano oggi.

Ma quando Parigi, nella Belle Époque, era il centro culturale d’Europa e l’assenzio circolava a poco prezzo, in quantità industriali, tanti artisti squattrinati, che poi diverranno famosissimi, ne fecero largo uso esaltandone le incredibili doti.

Prodotto in grandi quantità e con metodi a dir poco criminosi, l’assenzio venne proibito nei primi anni del ‘900 e, per lungo tempo, scomparve dagli scaffali di bar e bistrot, a Parigi e nel resto del mondo.

Da alcuni anni il distillato d’assenzio è ritornato legale. Lo si produce (più o meno fedelmente), lo si commercializza e lo si beve nuovamente senza problemi con la legge.

Studi accurati hanno dimostrato che non si tratta assolutamente di un liquore pericoloso.

Non più di qualsiasi altro prodotto fortemente alcolico.

L’alcol è sicuramente una sostanza pericolosa, ma se opportunamente collegata ad un rito, ad uno specifico tempo e luogo, può rappresentare, all’opposto, un’alternativa al consumo anonimo di massa e fine a se stesso che caratterizza le movide, cittadine o balneari, tanto di moda oggi.

Si tratta di agire con misura e responsabilità, preferendo sempre la qualità alla quantità e l’essere presenti a se stessi al lasciarsi vivere.

Il gesto misurato e cosciente di chi vuole ritrovare la propria identità dentro la massa. Di chi non vuole confondersi con il tutto informe.

L’Assenzio tanto celebrato da scrittori ed artisti.

L’Assenzio, in francese Absinthe, è un distillato di cui si narravano effetti molto particolari. Non si trattava della semplice euforia che un qualunque liquore può procurare dopo un paio di bicchierini.

La Fata Verde, come è anche chiamato l’assenzio, per gli artisti di fine ‘800, sembrava possedere caratteristiche tutte particolari ed esclusive, tali da distinguerlo da qualsiasi altro liquore di ogni tempo.

“After the first glass, you see things as you wish they were.
After the second, you see things as they are not.
Finally, you see things as they really are,
which is the most horrible thing in the world.”

(Dopo il primo bicchiere, vedi le cose come desideri.
Dopo il secondo, vedi le cose come non lo sono.
Infine, vedi le cose come sono realmente,
che è la cosa più orribile al mondo.)

Questa definizione dell’assenzio, attribuita, ad Oscar Wilde, mi sembra renda piuttosto bene l’idea della leggendaria epopea dell’assenzio, quando questo liquore misterioso spopolava nella Parigi della Belle Époque.

Naturalmente le leggende sorte sugli effetti straordinariamente tossici dell’assenzio son del tutto prive di fondamento. L’elevato tenore di alcol contenuto nel distillato è l’unico pericolo connesso all’uso di questo aperitivo.

Con Degas l’assenzio diventa un dipinto.

il dipinto di degas-Assenzio - Storia e leggenda della Fata Verde.

Il quadro dedicato all’assenzio da Degas: l’absinthe. Il famoso dipinto racconta storia e leggenda della fata verde.

Edgar Degas dipinse quest’opera negli anni 1875/1876, al culmine dell’epoca d’oro dell’Assenzio.

Degas pose l’accento sul consumo smodato di assenzio che caratterizzava il distillato nella Francia di fine secolo. Consumo diffuso ormai anche negli strati più deboli della popolazione, a causa del bassissimo costo che la contraffazione industriale consentiva.

Il titolo originale del dipinto era Dans un café e con quel nome venne esposto durante la seconda mostra impressionista del 1876. Acquistato da un capitano inglese, tal Henry Hill, il dipinto giunge Brighton, in Inghilterra. Dopo la morte del capitano, nel 1892 l’opera di Degas è battuta all’asta da  Christie’s, e proprio in questa occasione, inizia ad essere indicata con il nome di l’absinthe: l’assenzio.

L’estremo realismo del dipinto, con i suoi due desolanti protagonisti ed il bicchiere d’assenzio quasi in primo piano, provocò non poco scandalo all’epoca.

Era l’impietosa immagine di una desolazione sociale ed umana, in contrasto assoluto con l’ottimismo delle classi dirigenti e del bel mondo della Belle Époque.

Dopo essere passato ancora per un paio di volte nelle mani di collezionisti privati, il dipinto approdò al museo del Louvre nel 1911, per poi giungere alla sede attuale del museo d’Orsay, dove lo possiamo ammirare tutt’ora.

La scena immortalata da Degas si svolge in un famoso bistrot dell’epoca: le Cafè de la Nouvelle-Athènes in place Pigalle.

Un luogo particolarmente frequentato da artisti e bohémien. I due personaggi raffigurati nel dipinto sono evidentemente una prostituta dall’abbigliamento pretenzioso quanto miserabile ed un barbone o un vecchio artista spiantato. Due solitudini in totale assenza di comunicazione tra loro e con l’alcol come unico punto di riferimento per sfuggire alla disperazione della realtà.

I personaggi non sono reali, nel senso che non si tratta di due poveri ubriachi colti in un attimo di sconforto etilico. L’artista ha costruito la scena in modo estremamente realistico, ma utilizzando per modelli due suoi amici.

Lei è Ellen Andrée, modella per molti artisti impressionisti e attrice di teatro. L’uomo ritratto, invece, è il pittore, incisore e scrittore Marcellin Desboutin.

Vi era, dunque, un preciso intento polemico nella rappresentazione di Degas. Una denuncia sociale voluta e motivata.

Edgar Degas

Degas: dance, politics and society

L’assenzio è arte in tanti dipinti!

Degas non è stato certo l’unico artista a dedicare un quadro all’assenzio. Altri pittori, noti e meno noti, sono stati in qualche modo “stregati” dalla Fata verde:

E l’elenco è certo incompleto.


Assenzio ieri, oggi e domani.

Una storia e insieme una leggenda quella dell’assenzio: distillato d’erbe, che da elisir si è trasformato in diabolico veleno, quasi una droga, per poi tornare in auge e vivere oggi una seconda, più tranquilla, giovinezza.

Da elisir ad aperitivo maledetto, l’Assenzio è stato riscoperto oggi dalle nuove generazioni; un po’ per una nuova forma di trasgressione, un po’ per snobismo. Molto, vogliamo credere, per recuperare un senso del gesto che diventa sostanza, al pari e, forse, più del prodotto stesso.

L’opposto del concetto di consumismo. Dell’idea di sballo puro e semplice. Qualcosa di anti moderno, se vogliamo.

Storia dell’assenzio: la Fata verde.

Assenzio: dai monti svizzeri ai bistrot parigini.

Riguardo l’assenzio, quello che è certo è che un distillato con una storia così particolare merita sicuramente un posto, altrettanto particolare, nel Gotha delle cose da bere.

Poche altre bevande alcoliche, forse nessuna, possono vantare quell’alone di mistero, adorazione e paura che, ancora oggi, aleggiano attorno alla parola che indica il loro nome.

Assenzio! Basta solo questa parola ad evocare immagini ambigue di felicità sfrenata, visioni fervide e creative, drammatiche esistenze bruciate e perdute!

La storia di questo liquore viene da lontano, dalle Alpi svizzere, ma è a Parigi che nasce la leggenda di questo liquore. E non poteva essere altrimenti. Per questo, qui nel blog, voglio raccontarla.

Proviamo quindi a ripercorrere insieme, questa storia, ricostruendo passo passo la vicenda di questo formidabile distillato.

 La pianta dell’Assenzio sulle Alpi svizzere.

Cespugli di artemisia.

Cespugli di artemisia, pianta dell’assenzio.

La pianta dell’assenzio fiorisce sulle Alpi svizzere. Tutto ha inizio da una piantina verde tanto diffusa sulle Alpi e nelle pianure europee; una piantina che dona il nome e la sostanza alla leggendaria Fata Verde: Artemisia Absinthium.

E’ una pianta erbacea, l’Artemisia Absinthium, perenne, con fusto eretto, di colore verde-argentato e alta fino a un metro. Le foglie sono grandi, profondamente incise e grigio-verdastre nella pagina superiore, bianche in quella inferiore. I fiori sono piccoli, gialli, riuniti in capolini. Fiorisce da luglio a settembre.

L’Artemisia absinthium, detta anche assenzio maggiore o assenzio romano, appartiene alla famiglia delle Asteraceae (ex Compositae) ed è una pianta conosciuta fin dai tempi più antichi per le sue proprietà terapeutiche.

Sembra che vi si faccia riferimento in un papiro egizio datato al 1600 a.C. Storicamente più sicure sono le citazioni di Plutarco e Plinio che risalgono al 150 a.C. e ne vantano la qualità come insetticida. Molte e diverse sono le antiche testimonianze dell’uso curativo dell’Artemisia Absinthium.

Utilizzato, nelle campagne e nelle vallate, sotto forma di infuso o decotto, facilita la digestione, combatte la febbre, stimola l’appetito ed aiuta nel caso di mestruazioni dolorose.


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L’assenzio come elisir di lunga vita.

Lasciando la notte dei tempi ed avvicinandoci all’era moderna, troviamo un certo dottor Pierre Ordinaire che, rifugiatosi tra i monti della Svizzera, per sfuggire alla ghigliottina nei turbolenti e pericolosi anni della Rivoluzione Francese, si stabilì, nel 1792 a Couvet, ameno borgo della Val-de-Travers, nel Cantone di Neuchâtel.

Qui il medico riprese ad esercitare la sua professione e, cosa comune allora, a prepararsi in proprio medicamenti di ogni genere.

Il dottor Ordinaire conosceva le proprietà dell’assenzio maggiore e trovandone a disposizione in quantità, iniziò a distillare un suo elisir. Aggiunse, nelle giuste proporzioni, anice, issopo, dittamo, acoro, melissa e svariate quantità di altre erbe comuni. Nasce così l’assenzio moderno, anche se non è ancora una bevanda, ma un medicamento. La gradazione alcolica piuttosto elevata, 60%, ne rimarrà una caratteristica tipica.

Questo suo preparato ebbe un immediato e notevole successo e risale a questo periodo l’appellativo di Fée Verte: la Fata Verde!

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Il primo assenzio “commerciale”.

Come ebbe inizio la produzione commerciale dell’assenzio?

Tutto sembrerebbe molto chiaro, ma non è vero.

La storia si complica perché non è del tutto chiaro come siano andate realmente le cose. Le versioni sono molte, contrastanti e un po’ confuse.

L’assenzio delle sorelle Henriod.

Una versione dei fatti vuole che, alla sua morte, il dottore abbia lasciato il segreto della ricetta a due donne di Couvet: le sorelle Henriette e Suzanne-Marguerite Henriod. Erano veramente sorelle? Forse si tratta di madre e figlia, oppure di un’unica persona identificata con due nomi diversi. La questione è aperta. E non è l’unica.

Altri sono convinti che le due sorelle svizzere distillassero già da molto prima un loro “assenzio”. Cosa, questa, piuttosto comune un po’ ovunque nelle valli montane. Non dimentichiamo che la pianta dell’assenzio è una componente di molti liquori, comunemente detti amari, come il Genepì, o, mischiata col vino, ai Vermut. Wermut è anche il nome tedesco dell’artemisia maggiore e di un’antica bevanda teutonica ottenuta mischiando questa, proprio al vino.

L’assenzio di Mme Grandpierre.

Un’altra versione vuole la cosa ancora più complicata:

Le sorelle Henriod avrebbero avuto la ricetta non dal dottor Ordinaire, alla sua morte, bensì da una sua governante a nome Mademoiselle Grandpierre. Il dottore stesso ne sarebbe entrato in possesso tramite una non meglio identificata “Mère Henriod”, la quale, pare, non avesse legami di parentela con le sorelle già citate. Ce n’è a sufficienza per confondere chiunque.

Il merito d’aver prodotto la prima ricetta della Fata Verde rimane, dunque, incerto.

L’Assenzio da elisir ad aperitivo.

manifesto dell'Assenzio pernod fils.

Manifesto dell’Assenzio Pernod fils.

L’assenzio di Dubied e Pernod.

Sia andata com’è andata, poco importa. Quello che conta è che le signore svizzere, o chi per loro, cedettero ad un certo punto, siamo nel 1797, la ricetta del loro assenzio ad un uomo d’affari della zona, tale Maggiore Daniel Henri Dubied.

Questa cosa non avrebbe avuto, forse, conseguenza alcuna sulla sorte dell’Assenzio, se un bel giorno, la figlia del Maggiore non avesse deciso di maritarsi e di scegliere, per far questo, un tale di nome Henry Louis Pernod!

Henry Louis Pernod era il figlio di un “Bouilleur de cru” della zona, nato il primo marzo del 1776 a Le Locle, sempre nel Cantone di Neuchâtel.

Difficile tradurre letteralmente il termine “Bouilleur de cru“, perché non si riferisce ad una professione, non va confuso con il distillatore, ma ad uno status, ad un privilegio. In definitiva il termine indica colui che aveva il diritto di vendere il proprio prodotto distillato, esente da tasse.

Il Maggiore Dubied, con il figlio Marcelin ed il genero Pernod, costituiscono quindi una società ed iniziano a produrre l’assenzio della ricetta di Mère Henriod nella cittadina di Couvet.

Nasce così la prima fabbrica di Assenzio del mondo. Si chiama Dubied Père et Fils.

Siamo nel 1798 e l’assenzio da medicinale digestivo si avvia a trasformarsi in un aperitivo.

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 Inizia la storia industriale dell’assenzio.

Nel 1805, Henry Louis Pernod, rompe con il genero e il cognato. Vede la potenzialità del prodotto e lo vuole introdurre in Francia. Egli apre una propria casa di produzione di Assenzio nella vicina cittadina di Pontarlier, situata in territorio francese a pochi chilometri dal confine svizzero, nella regione Bourgogne-Franche-Comté. Il nome dell’azienda sarà Pernod Fils.

Giusto per la curiosità dei collezionisti, la quotazione di un Pernod Fils, per una bottiglia di assenzio originale prodotta prima del 1915, può oscillare tra i 3.000 e i 5.000 euro.

A questo punto è necessario chiarire che la famiglia Pernod in questione, non ha nulla a che vedere, per il momento, con gli omonimi Pernod della più famosa Pernod père et fils fondata molto dopo, 1860, ad Avignone e lanciatasi con successo nella produzione di Assenzio nel 1884.

Le due famiglie si incontreranno, dopo essere state a lungo rivali e concorrenti, prima in un tribunale poi fondendosi in un’unica realtà produttiva, ma questo avverrà soltanto nel 1928.

Si tratta della stessa società che oggi conosciamo come Pernod-Richard e che rappresenta il maggiore gruppo industriale francese nel settore delle bevande alcoliche. Forse il più importante al mondo.

Ma tutto questo, nel 1805, è ancora molto lontano da venire e, probabilmente, neppure immaginabile nella mente di Henry Louis Pernod.

La fortuna dell’assenzio, ancora per una trentina d’anni, rimane, infatti, confinata in ambito regionale, sia in Svizzera che in Francia, e non è così facile immaginare gli sviluppi che avrà in seguito.

Bisogna arrivare al 1830 e agli anni della campagna francese per la conquista dell’Algeria. I soldati impegnati in quella terra arsa e, per loro, poco salubre, si abituano, su consiglio dei loro ufficiali, a mescolare gocce di assenzio alla normale acqua da bere. Lo scopo è ridurre il rischio di malaria e dissenteria.

Al loro ritorno in patria, i reduci d’Algeria, porteranno con se questa nuova e piacevole abitudine, diffondendola soprattutto nella capitale francese. Naturalmente la quantità di assenzio nella bevanda verrà decisamente aumentata.

Pernod : 200 ans d’entreprise : l’Absinthe dictionnaire des marques – Marie-Claude Delahaye

L’Assenzio da aperitivo a leggenda.

dipinto dal titolo Cafè parigino - Henri Gervex

Café parigino – Henri Gervex

L’assenzio conquista Parigi ed inizia la leggenda bohémienne.

Sono gli anni in cui, tutto ciò che giunge a Parigi è destinato a farsi leggenda!

Le bottiglie di assenzio titolano una gradazione da 68 a 72 di percentuale alcolica. Il prezzo non è, inizialmente troppo accessibile e, per alcuni anni, l’assenzio rimane un aperitivo tipicamente borghese: la fée verte des boulevards.

Nonostante questo, la popolarità della bevanda cresce costantemente e nel 1870, alla vigilia della guerra franco-prussiana, l’absinthe arriva a rappresentare il 90% del consumo di aperitivi in Francia. Dalle 17 alle 19, in anticipo di molto su quello che oggi chiamiamo: happy hour, nei bistrot parigini è “l’ora verde” e l’assenzio ne è il protagonista.

Assenzio una leggenda rovinata dalla speculazione.

Leggendo le statistiche ci si rende conto di quanto fenomenale sia stata la diffusione della Fata Verde. Nel periodo che va dal 1880 al 1914, la produzione passa da 700 mila litri annui a ben 36 milioni.

Di pari passo calano drasticamente i prezzi e, inevitabilmente, la qualità di un prodotto che con l’assenzio originale ha sempre meno a che spartire.

Tutti si buttano a produrre assenzio e lo fanno nelle modalità più sconcertanti. L’uso del micidiale alcol metilico e dell’altrettanto pericoloso colorante ricavato dal solfato di zinco, contribuiscono a rendere l’assenzio sempre più nocivo per la salute fisica e mentale dei consumatori. Grazie a questi discutibili (diciamo pure criminali) accorgimenti, un bicchiere di assenzio arriva a costare meno di un bicchiere di vino.

La Fata Verde si è trasformata nel Péril vert: il pericolo verde. L’elevato livello di pericolosità dovuto alle sofisticazioni, unito all’estrema facilità di accesso a questa bevanda fortemente alcolica, determinata dal basso costo di quello che ormai non è che un surrogato di assenzio, contribuiranno in maniera importante alla definitiva messa al bando dell’assenzio nel 1915.

Quando le associazioni proibizioniste e la Chiesa cattolica muoveranno all’assalto dell’assenzio, troveranno facile sponda nei produttori di vino e di liquori tradizionali: entrambi fortemente penalizzati dalla concorrenza, ormai sleale, della Fata verde.

Assenzio – Croce e delizia degli artisti.

Gli anni che vedono l’arrivo e la diffusione dell’assenzio a Parigi sono anche anni di grandi cambiamenti sociali e culturali.

Questo nuovo aperitivo dal colore verde, dal profumo erboso e dagli effetti sorprendenti, trova accoglienza immediata nel folto gruppo di artisti e intellettuali o aspiranti tali che, sempre più numerosi, si riuniscono nei bistrot parigini, confermando la vocazione della città a Capitale della Cultura europea.

Vuoi che il liquore piace, vuoi che lo si beve attraverso un rituale complesso ed affascinante, vuoi che costa poco e molti di quei promettenti artisti fanno, al momento, la fame. Ecco che l’assenzio diviene presto il simbolo stesso di quell’epoca di fermento e creatività.

Musa, mentore, amico infido, marchio di fabbrica degli ultimi cinquant’anni dell’ottocento e di quei primissimi anni del ‘900 che furono la leggendaria Belle Époque.

Immortalato nei dipinti di Degas, Picasso, Manet, descritto in innumerevoli pagine di letteratura, il distillato verde non può mancare nei café e nei bistrot dove ferve la vita creativa di Parigi.

La “fontana” per l’acqua gelata, il cucchiaino forato e la zolletta di zucchero: ecco gli strumenti del rito dell’Assenzio.

Oggetti che non possono mancare in locali come il Cafè de Cluny, il Nouvelle Athènes, il Cafè Guerbois, iI Cafè Riche, il Cafè de Bade, Le Lapin Agile e tanti altri in quella meravigliosa e disperata stagione della cultura europea.

L’absinthe, noto anche come “Dans un cafè”, il famosissimo quadro di Degas del 1876, è proprio ambientato in uno di questi locali: le Nouvelle Athènes.

È un bistrot della Place Pigalle dove si ritrovavano abitualmente, oltre ad Edgar Degas, artisti e scrittori del calibro di Manet, Van Gogh, Zandomeneghi, MaupassantHuysmans, George Moore.

Innumerevoli sono anche le citazioni in versi e in prosa, che tanti artisti hanno lasciato, riferite alla magia, al mito ed al dramma di questo distillato d’erbe dalla tragica fama.

Forse l’omaggio più intenso è in questi versi che Raoul Ponchon dedica proprio alla verde bevanda nel suo “Sonnet de l’Absinthe” dalle pagine de Le Courrier Français del 24 ottobre 1886:

Absinthe, ô ma liqueur alerte,
Il me semble, quand je te bois
Boire l’âme des jeunes bois
Pendant la belle saison verte.
Ton frais parfum me déconcerte
Et dans ton opale je vois
Des cieux habités autrefois
Comme par une porte ouverte.
Qu’importe, ô recours des maudits,
Que tu sois un vain paradis,
Si tu contentes mon envie;
Et si, devant que j’entre au port,
Tu me fais supporter la Vie,
En m’habituant à la Mort.

(Assenzio, oh mio liquore attento,
Mi sembra, quando ti bevo
Bere l’anima dei giovani boschi
Durante la bella stagione verde.
Il tuo profumo fresco mi sconcerta
E nel tuo opale vedo
Cieli una volta abitati
Come una porta aperta.
Cosa importa, o strumento maledetto,
Che sei un paradiso vano,
Se favorisci il mio desiderio;
E se, prima di entrare nel porto,
Mi fai sopportare la vita
Abituandomi alla morte.)


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Assenzio – La Fata Verde di Maigret.

E il nostro commissario Maigret, come si pone nei confronti dell’assenzio?

Quando Georges Simenon arriva a Parigi il liquore verde è ormai fuori legge da alcuni anni, ma la sua leggenda è più viva che mai e non è possibile ignorarla. E Simenon si guarda bene dal farlo.

Proprio nel primo romanzo che vede Maigret protagonista, Pietr le Letton, l’assenzio fa la sua comparsa e nel solco della migliore tradizione.

Nel capitolo in cui lo scrittore vuole rendere l’idea di un uomo abbrutito dall’alcol, egli ce lo mostra mentre in un sordido bistrot di Fécamp tracanna, uno dopo l’altro, ben sei bicchierini di “surrogato d’assenzio” .

Maigret beve due bicchieri di acquavite, marcando il confine oltre il quale neppure lui è disposto a spingersi.

Altre citazioni dell’assenzio appariranno nei romanzi con Maigret: in particolare ne “La prima inchiesta di Maigret“. Non poteva essere diversamente visto che il romanzo si svolge proprio negli anni in cui la Fata Verde imperversava a Parigi. A berne, questa volta, è proprio Maigret, ma è obbligato a farlo da certi malviventi che intendono stordirlo per poi ucciderlo.

Ancora in “Maigret e l’affittacamere“, romanzo del 1951, l’assenzio è citato e sempre in collegamento all’alcolismo.

Il liquore è visto quindi in un contesto di abiezione, degrado o dipendenza e mai sullo stesso piano dei molti liquori che il commissario beve normalmente, anche in misura non indifferente, senza farsi troppi problemi.

Assenzio – Dagli altari alla polvere.

Come abbiamo detto in precedenza, la diffusione di questo distillato conobbe negli ultimi anni del XIX° secolo un’impennata incredibile, a scapito, naturalmente, della qualità del prodotto.

L’uso del metanolo in sostituzione dell’alcol naturale e del solfato di zinco per la colorazione, permisero di abbattere i costi di produzione in maniera significativa. L’assenzio così ottenuto era meno costoso di un bicchiere di vino! Ma si trattava, ormai, di un veleno.

Le conseguenze non si fecero attendere. La piaga dell’alcolismo dilagava sempre più nella nuova società industriale che andava affermandosi sulla scena internazionale. A subire le conseguenze peggiori furono le fasce più deboli della popolazione: disoccupati, operai sottopagati, diseredati in genere.

Fra loro l’alcolismo iniziò ad avere diffusione considerevole e, con esso, si diffuse tutto il corollario di drammi personali e famigliari e di danni importanti per la salute fisica e mentale, delle persone colpite dalla dipendenza dall’alcol.

L’assenzio nasce in Svizzera e in Svizzera muore.

Nel 1905, fece scalpore il caso di un certo Jean Lanfray, operaio francese emigrato in Svizzera, che pare fosse ubriaco di vino, ma avesse bevuto anche un paio di bicchieri di assenzio, che sterminò moglie e figli il 28 agosto di quell’anno nella cittadina di Commugny.

La tragedia metteva in risalto una situazione dai risvolti effettivamente drammatici e le prime organizzazioni proibizioniste promossero varie iniziative per mettere fuori legge l’alcol in generale e l’assenzio in particolare.

Le raccolte di firme si moltiplicarono e nel 1910 fu, per prima, proprio la Svizzera a porre fuori legge quello che è a tutti gli effetti un prodotto “tipico” del suo territorio. Nella regione della Val-de-Travers si continuerà, naturalmente, a produrne di contrabbando.

Nel 1915 anche la Francia impone il divieto di vendita sul suo territorio, pur continuando ad autorizzare il commercio all’estero per consentire ai produttori di esaurire le copiose scorte.

Assenzio – Dalla Fata Verde all’Anice Giallo.

Finisce così la storia “antica” dell’assenzio. Le proibizioni si susseguono un po’ ovunque e di questo distillato d’erbe rimangono solo il mito, la leggenda e le innumerevoli opere d’arte che l’alimentano. Rimangono anche un folto gruppo di volonterosi produttori clandestini nella regione Svizzera che lo ha visto nascere.

Le due omonime dinastie Pernod, che sul liquore verde avevano realizzato le loro fortune imprenditoriali, si indirizzarono, per sopravvivere, sulla produzione di liquori a base di Anice.

I primi a convertire furono i Pernod di Avignone che nei loro stabilimenti di Montfavet iniziarono la produzione con il marchio “Anis Pernod“, nel 1918. Seguirono gli omonimi, i Pernod di Pontarlier, che nel 1926 depositarono un loro marchio “Anis Pernod Fils”.

Naturalmente scoppiò una guerra fra le due società concorrenti, cosa che consentì di mantenere lautamente numerosi avvocati per un paio d’anni.

Il 4 dicembre del 1928 le due società si fusero nella Établissements Pernod. Inizia la storia di tutta una serie di famosissime bevande alcoliche conosciute con i nomi di Pastis e Pernod. La componente fondamentale di questi liquori è l’anice stellato e il colore, questa volta, è il giallo. Nella lotta commerciale tra produttori di liquori all’anice si inserisce, nel 1932, un terzo incomodo: Paul Ricard.

É lui ad imporre sul mercato, con un’abile campagna pubblicitaria, il suo “Ricard, le vrai Pastis de Marseille“. Il successo è immediato e la concorrenza alla Pernod sarà spietata.

Tutto si ricompone nel 1975 quando le due società si uniscono per costituire il Gruppo Pernod-Ricard. Realtà industriale che rappresenta, oggi, il secondo gruppo mondiale di bevande alcoliche e vini, dopo gli inglesi di Diageo e prima della Bacardi-Martini.


Assenzio ex fuorilegge alla moda!

Dopo molti anni di esilio L’assenzio è ritornato e le leggi che ne proibivano vendita e produzione sono state abrogate o superate dalla legislazione Europea.

Subito la storica casa Pernod-Ricard, che proprio all’assenzio deve la sua fortuna, è ritornata sul mercato con un prodotto che si dice ricavato dall’antica ricetta originale.

Si chiama “Absinthe supérieure Pernod” ed è prodotto nella Cave de Byrrh à Thuir, nel gigantesco alambicco da 25 ettolitri.

Le moderne tecniche di produzione e la qualità superiore dell’alcol utilizzato danno garanzie sufficienti ad evitare i problemi neurologici che pare fossero legati all’antico prodotto che imperversava nella Parigi dell’ottocento.

Naturalmente una bevanda che titola il 68% di gradazione alcolica non è certo da prendere sottogamba e deve essere degustata: non semplicemente bevuta.

Chi vuole può visitare le storiche Cantine Byrrh a Thuir. La località si trova a 13 chilometri ad ovest di Perpignan, nel dipartimento dei Pirenei Orientali!

L’assenzio ritorna, ma è ancora assenzio?

Oggi, con il ritorno alla legalità della produzione di assenzio la sua avventura, mai finita, continua.

Purtroppo non è tutto oro quello che luccica e, lo sappiamo, non c’è rosa senza spine.

Questo per dire che molto poco dell’assenzio in circolazione merita d’essere chiamato vero assenzio.

Cosa è cambiato rispetto al passato dell’assenzio?

I controlli, oggi, sono molto più serrati e la sofisticazione dell’assenzio con sostanze pericolosissime come il metanolo (per sostituire l’etanolo) e il micidiale solfato di zinco (per ottenere il colore verde), non sono, per fortuna più possibili.

Questo non impedisce a produttori non troppo scrupolosi, di immettere sul mercato prodotti che dell’assenzio hanno a malapena solo il nome.

Intorno agli anni ’90 del ‘900, provenienti dall’Europa dell’est, hanno cominciato a circolare surrogati di assenzio prodotti solo tramite macerazione e con l’aggiunta a freddo di oli essenziali, magari realizzati in proprio dal produttore.

Ovviamente questi liquori non hanno nulla a che vedere con il vero assenzio!

Un po’ ovunque, poi, si è diffuso, anche fra i produttori più onesti che l’assenzio lo distillano com’è giusto che sia, l’abitudine di aggiungere alla rigetta anice stellato al posto del classico anice verde.

Il risultato non è dannoso alla salute, ma compromette seriamente il risultato finale, dando vita ad un assenzio dal gusto piatto ed uniforme dove le sfumature caratteristiche del prodotto vanno perdute.

Come scegliere allora un assenzio di qualità?

C’è poco da fare: il buon nome della Cantina di produzione, il costo abbastanza elevato ed una degustazione accurata, sono le uniche armi a disposizione del consumatore.

Quali sono le caratteristiche del vero assenzio?

L’assenzio per essere vero assenzio:

  • deve essere distillato
  • deve avere una gradazione alcolica fra i 45 e i 75 gradi
  • deve intorbidire con aggiunta di acqua ghiacciata
  • deve contenere assenzio e semi di anice verde (e non stellato)
  • deve avere un sapore complesso e bilanciato tra tutti gli ingredienti.

Si devono sentire al palato: l’amaro gradevole dell’artemisia absinthium nel retrogusto, la morbidezza del finocchio, l’aroma di anice verde, quel sentore erbaceo particolare dato dall’issopo, la melissa e il coriandolo.

L’Assenzio originale ha una ricetta antica.

Le ricette per produrre l’assenzio possono essere svariate ed ogni distilleria ha sicuramente la proprie che protegge gelosamente.

Alla base del prodotto, però, c’è un’unica fondamentale miscela: quella costituita da Artemisia absinthium, semi di Anice verde e Semi di finocchio.

Questi tre ingredienti fondamentali devono macerare almeno 12 ore in alcol etilico, rigorosamente ottenuto dal vino.

Al termine della macerazione si aggiunge la giusta quantità di acqua ed alcune altre erbe aromatiche. Quindi si procede alla distillazione.

Il risultato è un distillato trasparente che verrà colorato in modo naturale con l’aggiunta di alcune specifiche erbe e in nessun altro modo.

Ai tre ingredienti principali è possibile aggiungere, in quantità variabili, altre sostanze aromatiche naturali.

Per lo più si tratta di:

  • issopo 
  • radici di angelica 
  • camomilla 
  • scorza di limone 
  • mirra 
  • scorza di arancia 
  • vaniglia 
  • menta 
  • finocchio selvatico 
  • veronica 
  • coriandolo
  • badiana

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Assenzio si, ma quale e come si beve?

Come si beve l’assenzio? Come lo si beveva un tempo e come lo si beve oggi?

Chiariamo bene: oggi il mercato offre una vasta gamma di liquori commercializzati con il nome di Assenzio, ma che con l’antico distillato non hanno nulla a che vedere.

Assomigliano molto di più a quei surrogati d’assenzio a basso prezzo che imperversarono nell’ottocento.

Se veramente si vuole sapere come muoversi nella moderna realtà dell’assenzio è bene prima di tutto informarsi.

Un sito perfetto per conoscere a fondo l’Assenzio è sicuramente quello dell’Associazione italiana per la tutela dell’Assenzio.

I prodotti di qualità, ottenuti per distillazione, esistono e sono in massima parte francesi e svizzeri, ma non solo (anche in Italia si produce qualcosa di valido).

Le tipologie di assenzio commercializzate sono tre:

  • Verte: Gli Assenzi di tipo Verte hanno in genere un sapore con tonalità erbacee più o meno marcate, accompagnate talvolta da note floreali o balsamiche. E’ anche possibile trovare in alcuni Verte dei sentori che si possono definire “speziati”.
  • Blanche: Gli Assenzi di tipo Bianche sono generalmente più delicati dei Verte, presentano maggiore intensità delle note di Anice e Finocchio, e talvolta possiedono anche leggeri sentori floreali.
  • La Bleue: Gli Assenzi di tipo La Bleue hanno generalmente un equilibrio ed un approccio al palato più grezzo dei Bianche e dei Verte, e tradiscono la loro natura profondamente artigianale. Molti La Bleue presentano, soprattutto all’olfatto, un’aroma inconsueto, paragonabile a quello del fieno essiccato.

Detto questo: se trovi del vero assenzio c’è un solo modo di bere la Fata Verde come si deve!

Assenzio, zucchero e acqua gelata!

Elegante fontana per l'assenzio. L'acqua cade sullo zucchero, goccia a goccia

Elegante fontana per l’assenzio. L’acqua cade sullo zucchero, goccia a goccia.

 

Come si beve l’assenzio?

Esiste un solo modo “tradizionale” di bere l’assenzio. È quello che prevede l’aggiunta di acqua gelata in proporzione di 4/1 e l’acqua deve scorrere dalla sua fontana per l’assenzio.

Non cambia il gusto della bevanda, ma il rito dell’assenzio ha le sue regole. Se hai fretta esistono altri aperitivi.

Non lo si dovrebbe fare semplicemente con una caraffa, come accade normalmente con il Pernod, proprio perché bere assenzio è in anzi tutto un “rito”  e come tale ha le sue liturgie.

Il cucchiaio forato, la zolletta di zucchero sul cucchiaio e l’acqua che cola dal piccolo rubinetto della fontana per l’assenzio, goccia a goccia, sciogliendo lo zucchero. Naturalmente un classico bicchiere Pontarlier! Questo è il minimo indispensabile per onorare come si deve la Fata Verde.

Se poi si dispone dell’apposita fontana per l’assenzio, siamo alla perfezione. Mentre il liquido gelido e bianco gocciola nel bicchiere e diviene verde opale, noi chiacchieriamo amabilmente con gli amici nell’attesa placida di gustare il nettare degli artisti.

Questo è bere l’assenzio come si deve! Esaltando le caratteristiche del liquore!

Naturalmente qualcuno potrebbe obbiettare che è difficile immaginare gli avventori di un’antica bettola della rue de Lappe, gustare l’assenzio servito in questo modo: anche in piena Belle Époque!

Non posso certo dargli torto, ma ciò non toglie che l’uso della fontana per l’assenzio rende l’esperienza complessiva molto più stimolante. La forma è anche sostanza!

 

Per te ed i tuoi amici: acquista su Amazon la Tipica fontana per l’aggiunta di acqua all’assenzio.

Bere l’assenzio nel modo peggiore!

Purtroppo viviamo in anni difficili e confusi e il cattivo gusto riesce ad imporsi facilmente ovunque con il minimo d’impegno.

Così non vi è da stupirsi se altri modi di gustare l’assenzio hanno di recente preso piede, soprattutto tra i giovani.

Il più stupido di questi metodi, mi si passi il termine, è sicuramente quello del “sommergibile”. Tale metodo consiste semplicemente nell’affondare il bicchierino d’assenzio puro in un più capiente bicchiere di acqua. Qualcosa di simile a quanto, a volte, fanno gli americani con whisky e birra. Questo già di per se classifica la cosa…

Naturalmente non vi è limite al peggio e quindi ecco arrivare dalla Boemia un altro metodo che definirei semplicemente criminale.

Questa maniera boema o ceca, come a volte è definita, ha sicuramente il merito di conservare un certo grado di ritualità nell’approccio al liquore, ma, allo stesso tempo, si macchia del crimine imperdonabile di mandare al rogo la Fata Verde.

In pratica il metodo consiste nel posare sul bicchierino d’assenzio (tumbler basso da 4 centilitri), il classico cucchiaio forato con l’altrettanto classica zolletta di zucchero.

A questo punto, apriti o cielo, si incendia la zolletta dopo avervi versato alcune gocce di assenzio. Si lascia caramellare e si fa cadere la zolletta ancora in fiamme nel bicchiere. Quindi si aggiunge un poco d’acqua gelata per smorzare l’incendio.

Il metodo sembra abbia avuto una certa diffusione e, ho conosciuto personalmente giovani che lo ritengono l’unico modo classico di bere l’assenzio.

Che dire…Libertà di ignoranza!

Certo che procurarsi assenzio di alta qualità e dargli fuoco…!


L’assenzio e il modo dei Cocktails!

Il discorso cambia completamente quando si inizia a parlare di cocktails.

Quello delle miscelazioni (per dirla in italiano) è un universo che trova la sua stessa essenza nella creatività.

Ne consegue che un cocktail può piacere o non piacere, ma il ruolo di uno specifico ingrediente nella miscela, non può essere criticato o giudicato secondo un criterio di maggiore o minore aderenza alla tradizione, ma solo sulla base del risultato.

Se il risultato è gustoso, il cocktail è perfetto!

Cocktails a base di assenzio ce ne sono e non sono nemmeno pochissimi.

Per tutti gli appassionati di questo mondo affascinante e complesso, suggerisco una visita a questa pagina molto ben informata: absolutdrinks.com

Io voglio limitarmi a raccontare del più famoso tra i cocktails a base di assenzio: il mitico Sazerac!

Assenzio cocktail Sazerac.

Il cocktail Sazerac nasce a metà del 1800 nella città New Orleans. Molte delle ricette cocktail più famose ed apprezzate ancora oggi sono state inventate in questa città statunitense dall’aria così francese. Nella seconda metà dell’ottocento, New Orleans è un crocevia di scambi commerciali e culturali. La Francia ha lasciato l’impronta ed un ché di raffinatezza, che contamina anche la cultura del bere e del divertimento.

La ricetta Sazerac è semplice: cognac, una zolletta di zucchero imbevuta di 2 gocce di bitter e assenzio, poche gocce di questo elisir sono sufficienti a conferire un alone di magia alla bevanda. Il risultato è un cocktail dal profumo avvolgente e ipnotico, ricco di richiami erbacei e suggestivi che si intrecciano al caldo fascino del cognac. Al palato è maestoso, caldo, con note amare che disegnano una miriade di sfumature viola. (da https://winedharma.com).

 

Le dosi ed ingredienti del cocktail Sazerac.

Presto fatto!

Bicchiere: old-fashioned glass

  • 5 cl di cognac
  • 1 cl di assenzio
  • 1 zolletta di zucchero
  • 2 gocce di Peychaud’s bitter

Versione: winedharma.com

Preparazione:

“Mettete del ghiaccio in un bicchiere, aspettate che si sia ben raffreddato e poi versate l’assenzio, con cui ricoprirete le pareti del bicchiere, perfettamente, e aggiungete altro ghiaccio.

In un altro bicchiere mettete la zolletta imbevuta di bitter e lavorate con il pestello e qualche goccia d’acqua. Versate del ghiaccio e quindi il cognac. Gettate il ghiaccio ed eventuali eccessi di assenzio e quindi versate il cocktail filtrando. Il sapore dell’assenzio è molto forte, per cui state attenti a lasciare solo una carezza verde, altrimenti il sottile equilibrio del cocktail è rovinato.

Guarnite con una scorzetta di limone. Se volete potete anche schiacciare la scorza sul drink per infondere una delicata nota agrumata.”

A questo punto credo di aver scritto anche troppo. Non resta che gustare dal vero un mitico sorso di assenzio fra le braccia di una deliziosa ed infida Fata Verde!

Solo un calice naturalmente! Perché l’esperienza dell’assenzio deve essere fatta con gusto e intelligenza!

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L’assenzio nei libri

La fata verde. Storia dell’assenzio

Il libro dell’assenzio

Petrolio e assenzio. La ribellione in versi (1870-1900)

Il Judo, lo Zen e l’assenzio: La via del guerriero e dell’acqua che scorre

Assenzio


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Assenzio la Fata Verde proibitaultima modifica: 2023-03-01T18:00:19+01:00da albatros-331